Inutile piangersi addosso, la società è cambiata. Nell’epoca della diffusione della rete, la creazione del sapere tende a diventare collettiva. Non si può insegnare “come una volta”. E nemmeno è un problema di tecnologia tipo un computer ogni studente e tutti in rete. Già, ma per fare cosa? Qui esploriamo la possibilità di un metodo di insegnamento radicalmente collettivo, a diversi livelli, in una prima classe del biennio di liceo scientifico. Il tentativo, che pare a detti di altri riuscito, è stato quello di fondere pratica sperimentale, esigenza di teoria, costruzione di teoria, utilizzo di strumenti avanzati digitali. In quest’articolo si parla dei problemi connessi con la misura di un’area come ponte per introdurre la teoria degli errori
Alcune considerazioni. Come avete osservato non si è data una scheda precompilata scegliendo un metodo di misura a priori. Di fatto nella realtà sperimentale non esiste un metodo di misura canonico a priori. E poi la cosa interessante è stata lo sviluppo, la creatività, la discussione. A posteriori poi si sceglierà il metodo che ha dato i migliori risultati dal punto di vista della teoria degli errori. Paradossalmente si scoprirà che il metodo che dà in questi casi il miglior risultato è stato quello di misurare il peso della carta dell’aerea irregolare. Inaspettato, vero? Poi sono state interessanti tutte le osservazioni che hanno fatto i gruppi, che hanno seguito metodi diversi, confrontando le misure effettuate. Risultato: coinvolgimento degli studenti, disciplina assoluta, memorizzazione indelebile. Il problema è che il lavoro dei gruppi non può essere lasciato a se stesso. È necessaria la continua presenza del professore, che interviene, stimola, pone domande, gira da un gruppo all’altro. Nel gruppo che misurava il peso il nostro intervento li ha spiazzati. Misuravano per il confronto una carta qualunque. La risposta data era stata “ma tanto è carta”. “Misura le due carte, allora! “”Ah, è vero sono diverse”. Sembra ovvio, ma quel gruppo ha forse imparato a fare attenzione ai dettagli del lavoro che si fa. Un piccolo successo didattico, dal punto di vista della fisica sperimentale…
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