Dina Lentini
un intervento critico di Dina Lentini
il potere salvifico dell’immaginazione
Frutto di uno slancio creativo e di una prolificità eccezionali, i libri di EES hanno facilmente superato i confini nazionali francesi e conquistato, con traduzioni in più di quaranta lingue, il mercato internazionale. Il successo, di pubblico e di critica, ha largamente e meritatamente premiato questo autore contemporaneo. Schmitt sembra infatti riassumere nella sua opera così versatile il meglio della tradizione culturale francese, riproposta da un punto di vista tematico e stilistico assolutamente attuale. Sin dai primi anni novanta i testi di EES, sia di carattere narrativo, sia le opere teatrali, si distinguono per la brillantezza e l’audacia dell’intervento, lo spirito di provocazione, ma anche per la disinvoltura con la quale vengono padroneggiati i diversi registri linguistici in una chiara, vivace e catturante modalità espositiva.
Il rovescio dinamico delle ipotesi e dei fatti storici o il gusto per il paradosso sono alcune fra le tante modalità con le quali viene effettuata una ricerca di tipo psicologico e filosofico sulla realtà umana. Questa viene analizzata quasi con un’ottica investigativa capace di cogliere in tutte le sue varianti e sfumature la fenomenologia delle passioni e delle illusioni, i segreti della vita intima, le motivazioni della scelta esistenziale. In questo senso i vari personaggi e le loro storie riportano il lettore sempre verso lo stesso problema, quello del tentativo di svelare almeno in parte un senso delle cose consentendo una ridefinizione di se stessi e la possibilità di una chance.
Uomini e donne si abbandonano ad una ricerca che non segue il modello dell’impegno razionalistico, lo sforzo etico-conoscitivo di comprensione del mondo. Piuttosto, spinti da un elemento estraneo che irrompe nella loro vita facendo scattare una sorta di clic, si rendono disponibili a seguire tracce e segni di un’alternativa. Fuggono da ciò che non desiderano essere. Si incontrano. Sognano. Raccontano. Dibattono. Si amano. Si massacrano. Si autoriparano. E’ come se in ognuno scattasse una forza che non sapeva di possedere e che comporta l’assunzione del rischio, dello scacco, del fraintendimento e del dolore, ma apre anche la possibilità di un diverso rapporto con l’altro e con la verità.
Un ragazzo accetta di diventare un’opera d’arte vivente fino alle estreme conseguenze di tipo fantascientifico (Lorsque j’etais un’Oeuvre d’Art, 2004).
Una “dame pipì”che svolge coscienziosamente il suo lavoro di pulizia delle toilettes ha trovato pace in una dimensione virtuale che finisce per avere una sua realtà e verità (Les dix enfants que madame Ming n’a jamais eus, 2012).
Uno scrittore liquidato dai giochi crudeli del mercato editoriale è riconosciuto nel suo ruolo benefico da una lettrice che gli cambierà l’esistenza (Odette Toulemonde et autres histoires, 2006).
Una donna solitaria lancia i suoi sogni verso il mar del Nord (La Rêveuse d’ Ostende, 2007).
E poi, Hitler (La part de l’Autre, 2001), Freud (Le visiteur, 1993-94), Ponzio Pilato (L’Évangile selon Pilate, 1995) … Tutti sono immaginati in un momento particolare del loro percorso, una situazione- limite che determinerà la costruzione di un io diverso e, con la definizione di una soggettività tra le tante possibili, un certo destino personale o collettivo.
Quelli che potrebbero risultare semplici drammi privati sono in realtà il risultato di linee che congiungono inevitabilmente gli uni agli altri: le persone, atomizzate dalle storie private e costrette dagli imperativi sociali, tornano inevitabilmente alla loro natura di esseri spinti verso la ricerca, il dubbio, la relazione. Una piazza colonizzata da pappagalli è la scena cangiante dove sconosciuti, costretti a sfiorarsi perché abitanti fisicamente nello stesso posto, finalmente si incontrano (Les Perroquets de la place d’Arezzo, 2013).
Guidato da una forte tensione esplorativa, EES spazia con abilità e originalità d’invenzione fra i territori delle problematiche umane di tipo contemporaneo, dalla relazione sentimentale alla specificità della condizione femminile, alla solitudine, al dubbio, all’erotismo, all’ansia religiosa. Certamente in tale allargamento di orizzonte è parte del successo di questo autore che riesce a interpretare desideri e angosce del pubblico odierno, cogliendo la transizione culturale e del costume verso valori che sappiano orientare, soddisfare esigenze di tipo spirituale e culturale e, al tempo stesso, facciano stare bene. EES si muove in questo ambito estremamente variegato senza indulgere a superficialità o a sentimentalismi, ma con l’attrezzatura intellettuale che gli permette di aprire ai temi del sogno e del mistero, alla polivalenza dei concetti di verità e ragione. Seguendo uno dei suoi modelli, Pascal, riesce a insinuarsi nelle pieghe minute dell’esistenza e, come il filosofo giansenista, sembra indicare una via più sottile e vincente della ricerca sui massimi sistemi, quella della sensibilità e della disponibilità a rintracciare segni. Il dio di Pascal è un dio nascosto, che va scoperto, così come nell’esistenza di ognuno si cela un segreto, un mistero che può restare ineffabile o che può venire in parte alla luce grazie all’empatia, alla capacità di condivisione. Freud, ne Le visiteur, la pièce del ’90 ormai rappresentata in tutto il mondo, si scontra con un dio che non è disposto a dimostrare se stesso e a rivelare tutto di sé. Naturalmente per questa strada si arriva al tema della tolleranza, del diritto di un popolo e di un singolo individuo al proprio modo particolare di interpretare il senso del sacro, ma nella consapevolezza che si tratta di punti di vista diversi, parziali, che si completano nella stessa ansia di ricerca.
Come uno dei suoi personaggi, Balthazar Balsan, EES risponde al desiderio di sogno del suo pubblico, alimentando una riflessione che finisce per essere terapeutica, quella che permette a Odette Toulemonde di librarsi in aria mentre, seduta sull’autobus, legge il suo autore preferito.
Sicuramente i libri di EES cadono in un momento storico che vede la crescita di un pubblico bisognoso, come si diceva sopra, di riferimenti etici ed epistemologici nuovi e che apprezzi l’ironia, la capacità di mettersi in gioco, la rappresentazione dell’esistenza nella forma scenica che tanto ricorda il teatro sartriano.
Nell’area del romanzo italiano, Umberto Eco ha ripreso, in un suo romanzo del 2004, una storia simile proprio a quella di un testo teatrale di EES che sviluppa il motivo della perdita della memoria e del suo recupero. Forse casualmente il semiologo italiano sviluppa nella forma narrativa la stessa tematica che EES aveva pubblicato l’anno precedente in un lavoro concepito per l’allestimento scenico. Sulla linea di questo contatto fra i due intellettuali, si può ricordare che anche Il nome della rosa, tradotto in più di quaranta lingue, si rivelò rapidamente un best-seller che conferì al suo autore, già largamente noto come studioso, la fama dell’autore di successo riconosciuto da un pubblico internazionale.. Quando uscì il libro, agli inizi degli anni ottanta, le esigenze del pubblico erano molto diverse e rispecchiavano quel bisogno di disincanto, quel gusto artistico per il pastiche e la rivisitazione di altri testi che venivano avvalorati dalle posizioni filosofiche di allora circa la fine della storia, dell’arte, della letteratura. Se appare certamente riduttivo attribuire solo a questo le ragioni del successo di un libro costruito in modo magistrale e affascinante, si può osservare che, purtuttavia, il libro arrivò, diciamo, al momento giusto.
Trovo che anche in EES ci sia una grande capacità di interpretare il proprio tempo, un movimento, una ricerca in atto. Da qui il suo ruolo di maestro di successo. Per il resto, le analogie con la figura di Eco, finiscono qui. L’intento principale di EES resta l’esplorazione della dimensione umana e dello strumento dell’immaginazione come mezzo salvifico nella relazione con se stesso e con l’altro. Il suo stile piace al lettore odierno perché riesce a toccare le corde della sensibilità, perché fornisce una speranza e un progetto, perché provoca riconoscimento e identificazione. Le storie di Schmitt sono tenere, amare, disperate e improbabili, come la vita.
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