Sonia Cannas
Anche i matematici si occupano di musica: la scala pitagorica, l’antenato delle nostre scale musicali
Chi avrebbe mai detto che il famoso matematico Pitagora si fosse occupato anche di musica? La scala pitagorica è il più antico procedimento di divisione dell’intervallo di ottava in un certo numero di parti. Essa fu costruita sfruttando i primi quattro numeri e osservando i suoni prodotti dividendo la corda di un monocordo.
in ogni area culturale e in ogni epoca si sono formati diversi sistemi musicali, e ogni sistema ha una scala che lo caratterizza.
Una scala musicale non è altro che una successione di un dato numero di suoni che dividono l’intervallo di ottava in altrettante parti.
Il più antico procedimento per dividere l’ottava in un dato numero di parti risale ai primi tempi dell’antica civiltà cinese. In seguito fu utilizzato dai teorici giapponesi e, con autonoma ideazione, dai pitagorici.
Pitagora basò la sua dottrina sui numeri interi, specie quelli dal’1 al 4 in quanto la loro somma, la cosiddetta tetraktys, corrispondeva al numero perfetto per eccellenza, il 10. Studiando la musica a scopi catartici scoprì come le altezze dei suoni fossero legate fra loro da rapporti di numeri interi, ovvero da numeri razionali, da cui il motto tutto è numero (razionale).
Secondo un aneddoto la scoperta avvenne percuotendo un’anfora ripiena d’acqua che poi, riempita ulteriormente, emetteva la stessa nota ma più acuta. Esistono diverse varianti dell’aneddoto, Giamblico di Calcide, ad esempio, raccontò che l’intuizione di Pitagora sarebbe merito di un fabbro che martellava il ferro con mazze di grandezze diverse: tra i tintinnii che venivano prodotti dai colpi alcuni risultavano più gradevoli di altri. Fu così che Pitagora scoprì che i martelli i cui pesi stavano in precisi rapporti producevano dei suoni consonanti, cioè suoni gradevoli che danno un senso di riposo.
Le consonanze fra i suoni furono studiate dai pitagorici analizzando i suoni prodotti dal monocordo, uno strumento costituito da una corda tesa tra due estremi fissi, al di sotto della quale scorre liberamente un ponticello mobile che divide la corda in due segmenti di lunghezza variabile.
Ascoltando il suono prodotto da questi due segmenti di corda, secondo i pitagorici si otteneva un suono consonante solo quando, dal rapporto tra le misure delle due parti, risultava una frazione costituita da due numeri interi piccoli.
Ponendo il ponticello mobile a metà della lunghezza l della corda (o premendola a metà) e pizzicando una delle sue metà, si ottiene un nota ad un’ottava superiore. Da ciò i pitagorici ottennero il rapporto dell’intervallo di ottava:
Quindi se chiamiamo Do la nota emessa dalla corda libera, dimezzandola si ottiene il Do all’ottava superiore.
Riducendo la corda ai suoi 2/3 si ottiene, invece, l’intervallo di quinta giusta, il cui rapporto è dato da:
Quindi in tal modo otteniamo un Sol.
Analogamente, prendendo due corde uguali ma lunghe una il triplo dell’altra, si producono suoni distanti una quinta ma in due ottave differenti:
L’intervallo di quarta giusta, invece si ottiene riducendola ai suoi , e si ha quindi un Fa:
Quindi ponendo in relazioni tutti i numeri dall’1 al 4, Pitagora credette di ottenere tutte le consonanze, che possono essere riassunte nella seguente tabella:
Come fu costruita la scala pitagorica?
I pitagorici partirono dai rapporti numerici corrispondenti agli intervalli consonanti di ottava, quinta e quarta e, scelta una nota di riferimento, iniziarono a generare le altre note della scala attraverso un procedimento per quinte ascendenti e discendenti. In quest’ultimo le note vengono generate dividendo la frequenza della nota di partenza per 3/2, in quello per quinte ascendenti, invece, moltiplicando la frequenza per 3/2. Già con la seconda moltiplicazione però, si ottengono frequenze di suoni che si trovano all’ottava superiore rispetto quella che contiene la nota di riferimento. Per riportare tali frequenze nell’ambito dell’ottava di partenza si divide la frequenza così ottenuta per 2n, dove n è il numero di ottave che si sono ”percorse”. Analogamente, nel procedimento per quinte discendenti si trovano frequenze nelle ottave inferiori rispetto a quella che contiene la nota di partenza, e per riportarle nell’ottava di partenza si moltiplica la frequenza ottenuta per 2n.
Matematicamente possiamo riassumere la regola generativa con la seguente espressione:
dove rk rappresenta la nota ottenuta attraverso il procedimento per quinte (ascendenti o discendenti) descritto, n il numero di ottave che distano da quella di partenza e zk la nota ottenuta riportata nell’ottava di partenza. Se k è positivo si sta applicando il procedimento per quinte ascendenti, se è negativo quello per quinte discendenti.
Chiariamo meglio il procedimento per quinte ascendenti con un esempio. Partendo dal Do come nota di riferimento si ottiene:
Analogamente, nel procedimento per quinte discendenti, (sempre partendo dal Do come nota di partenza) si ottiene:
Unendo i due cicli di quinte, ascendenti e discendenti, si possono ottenere infiniti intervalli. Tuttavia la scala ha senso solo se ne contiene un numero finito, poiché l’orecchio non é in grado di distinguerli tutti. Potenzialmente il meccanismo generativo illustrato é in grado di dividere l’ottava in un numero infinito di parti, rendendo gli intervalli fra due note sempre più piccoli, addirittura al di là della soglia di discriminazione delle frequenze dell’orecchio.
Come scegliere le note per formare la scala?
La scelta delle note della scala deve soddisfare esigenze di carattere estetico (consonanza) e di facilità d’intonazione (uniformità dei gradi consecutivi della scala).
Si può riprendere il meccanismo per quinte descritto sopra, partendo dal Do3 come nota di riferimento, la cui frequenza è di 261.6 Hz:
Moltiplicando per 3/2 si sale di una quinta, quindi:
Invece dividendo per 3/2 si scende di una quinta, ottenendo il Fa2 che si trova nell’ottava precedente. Per riportarla nell’ottava di riferimento è sufficiente moltiplicare per 2:
Iterando il ragionamento per quinte ascendenti a partire dal Sol3 otteniamo le altre note della scala:
In tal modo si ottiene la scala diatonica pitagorica, costituita da 7 note primarie.
Dalla tabella si può notare che i gradi consecutivi della scala presentano solo due tipi di intervalli:
- il tono pitagorico, pari a circa 204 cent, il cui rapporto é:
- il semitono pitagorico, pari a circa 90 cent, il cui rapporto é:
Tuttavia un semitono non é la metà di un tono:
Il rapporto tra i due valori é il comma pitagorico (un comma indica la differenza infinitesimale di frequenza fra due suoni di altezza quasi uguale):
e vale circa un quarto di semitono temperato, si tratta precisamente di 23.46 cents.
Cambiando la nota di partenza della scala cambia la posizione dei semitoni pitagorici, da ciò i Greci svilupparono vari modi musicali la cui denominazione deriva dalle regioni dell’antica Grecia nei quali essi hanno avuto origine (Ionico, Dorico, Frigio, Lidio, Misolidio, Eolio, Locrio).
Inoltre dalla tabella si può notare che tutti gli intervalli di ottava e di quinta sono consonanti poiché coincidono con i rapporti semplici 3:2 e 2:1.
Gli intervalli di terza e sesta, invece, sono espressi da rapporti che coinvolgono numeri piuttosto grandi. Se, ragionando pitagoricamente, il criterio della consonanza é quello dei rapporti semplici, tali intervalli risultano essere dissonanti.
Riferimenti bibliografici
- AA. VV., Enciclopedia della musica, Le Garzantine, Garzanti libri, gennaio 1999.
- N. Chiriano,Pitagora e la Musica, Alice & Bob, Centro Pristem Un. Bocconi (http://matematica.unibocconi.it/articoli/pitagora-e-la-musica) – n. 15, dicembre 2009.
- Fisica Onde Musica, (http://fisicaondemusica.unimore.it/).
- S. Isola, Temperamenti: matematica e teoria musicale, (http://www.unicam.it).
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