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Nino Martino

Un’intervista di Nino Martino allo scrittore Alberto Costantini

foto del professor Alberto Costantini
Alberto Costantini

Quando la fantascienza atterra nella nostra storia.

Un biologo, un astrofisico, un sociologo possono immaginare, creare e strutturare le loro storie in modo che abbiano attinenza con la loro disciplina, disponendo di una base di informazioni e di documentazione molto più ampia e attendibile rispetto a quella di un non esperto. Dall’intervista allo scrittore Alberto Costantini emerge che anche la disciplina della storia basta e avanza per crearci sopra tutta la fantascienza che vogliamo.

Fantascienza, anzi, fantastico in generale e storia, dunque. Qualcuno li potrebbe considerare ossimori o poco meno.

Un famoso professore d’università che ho avuto il piacere di conoscere tanti anni fa soleva dire: “parlatemi di un chiodo, ma parlatemene con competenza” (per la verità, lo diceva in veneto stretto, con un 10% di efficacia in più).
Ci ho pensato spesso a questa frase, ed è vero, anche se è altrettanto vero che, quando uno non conosce un argomento, può sempre informarsi. Questo vale pure per la fantascienza: un biologo, un astrofisico, un sociologo possono immaginare, creare e strutturare le loro storie in modo che abbiano attinenza con la loro disciplina, disponendo di una base di informazioni e di documentazione molto più ampia e attendibile rispetto a quella di un non esperto. Ebbene, al di là del fatto che un po’ tutto mi interessa e mi incuriosisce, la mia disciplina, ossia la storia, basta e avanza per crearci sopra tutta la fantascienza che vogliamo.

Vediamo un po’ se è vero…

Scommessa accettata. In estrema sintesi, posso dire di aver praticato un po’ tutti i sottogeneri di fantascienza, fra racconti e romanzi, ed anche qualcuno del “weird”, collegabili alla storia.
L’ucronia, in primo luogo, e con essa gli universi paralleli con Terre accanto, vincitore del Premio Urania 2002; poi L’Eresia del Multiverso; La guerra dei Multimondi. L’infiltrato; La Principessa bizantina; Viaggio d(‘)istruzione; Il Capitano Salgari e gli adoratori del Grande Serpente; Appuntamenti mancati.
Naturalmente, i viaggi nel tempo: L’Inquisizione di Padre Bertolt, gesuita; Amore di figlia; Le astronavi di Cesare; Carta Kodak; Ma Napoleone è morto ad Arcole?
Nulla poi impedisce di collocare avventure di tipo fantascientifico nel passato, come ho fatto con Stella cadente romanzo Premio Urania del 2005.
Anche l’emergere di misteri nascosti nel passato, perché no? Ed ecco il romanzo Gli eredi del tempo e il racconto La palude del tempo.
Le distopie sono spesso collegate alla Storia ovvero frutto di previsioni basate sulla Storia; di qui, L’undicesima persecuzione o Nata il 24 febbraio.
Quanto agli imperi galattici, modellati su quelli che abbiamo conosciuto in passato, non ho avuto ancora la possibilità di pubblicare un romanzo che tengo nel cassetto e rivedo, modifico, allargo, da più di vent’anni.

E il tuo primo romanzo, A ovest di Thule?

Ecco, appunto, qui è importante una precisazione: anche se alcuni continuano a scrivere che A ovest di Thule sarebbe un romanzo ucronico, in realtà non lo è per il semplice motivo che l’involontaria scoperta dell’America da parte di una nave di romani del primo secolo a.C. non ha prodotto alcun effetto nella Storia come la conosciamo, è rimasto un episodio isolato per suo conto e la Storia, come un vorace banco di sabbie mobili, l’ha inghiottito senza risputarne nulla, se non qualche vaga diceria.

Naturalmente ci torneremo. Veniamo però ora all’ambientazione. C’è sempre la spada di Damocle per cui un disco volante non atterrerebbe eccetera eccetera.

E io rispondo col grande Lovecraft, che scriveva:

“secondo me l’arte più sincera è quella locale, legata alla terra in cui si è nati, perché anche quando un artista canta di meravigliose terre lontane non fa altro che celebrare la propria terra, occultandola sotto uno sgargiante, esotico mantello”.

Si parva licet eccetera, posso dire che sono d’accordo col Maestro di Providence: la fantascienza può essere ambientata ovunque, e se ho scelto una collocazione a me “famigliare”, è stato anche per una serie di ragioni, credo buone ragioni.
È abbastanza ovvio che è più facile parlare di quello che si conosce, rispetto a ciò che non si è mai visto se non in qualche film o su Wikipedia. Io sono molto legato alla mia terra, e scrivere mi offre la possibilità di nobilitare il nostro territorio, farlo conoscere in tutta Italia, anche rendere consapevoli, soprattutto i nostri ragazzi, della nostra storia e del nostro ambiente, sia pure descrivendoli in una dimensione fantastica. Senza contare la particolare suggestione che promana dai luoghi che hai attraversato nella tua vita.
In un cerchio che si allarga, colloco in primo luogo Montagnana, poi la “Bassa”: vicentina, veronese e padovana, quindi Padova, la città dove ho studiato all’università, Verona, Venezia, il Trentino… Che poi nel Veneto ci siano posti inquietanti non è un mistero.
Fuori d’Italia, la scelta cade preferibilmente su Vienna, dove ho studiato per qualche settimana nel lontano ’77, tornandoci più volte.

Storia vuol dire anche personaggi storici. Come ti regoli con quelli realmente esistiti?

In effetti, occorre stare attenti a non stravolgerli oltre un certo grado. Per il mio romanzo ucronico ambientato in una Padova del ’68, in cui il fascismo s’era sgonfiato solo nel 1952, ho utilizzato una guida del Touring degli anni ’30, per ribattezzare i nomi delle vie. Nel mio romanzo Stella cadente, immagino che un sito contenente un reperto alieno sepolto nelle Valli Grandi veronesi sia esplorato da Dante Alighieri nel 1303, poi da un gruppo di scienziati austriaci nel 1866 e infine da un agente segreto americano nel 1945. Ovviamente, Dante devo farlo ragionare da Dante, senza cedere alla tentazione di “modernizzarlo”.
In Il Capitano Salgari e gli adoratori del Grande Serpente, il Veneto fa parte di un Khanato mongolo: qui Emilio Salgari è riuscito a diventare ufficiale di Marina e deve risolvere un mistero che si annida nelle immense foreste cresciute attorno all’Adige. Ho dunque immaginato come sarebbe stata la sua vita se i mari e le jungle descritte nei suoi romanzi li avesse visti sul serio.
In diversi romanzi ho inserito il personaggio di Galeotto Marzio da Narni che fu veramente una figura di estremo interesse: umanista, praticante di magia, alchimista, medico, esperto di divinazione, eretico, è collocabile a pieno titolo in ogni storia di fantascienza, oltre ad essere vissuto 40 anni a Montagnana. Ne ho fatto il protagonista del romanzo L’Eresia del Multiverso, collocato appunto fra Montagnana, il Basso Vicentino e un mondo parallelo lontanissimo da noi, ma appariva anche in Gli eredi del tempo e, come inventore di una macchina del tempo, in Ma Napoleone è morto ad Arcole?.
Nel racconto Se tutti gli universi… a Montagnana sono ospiti del capitano del Castello tre strani individui che non arrivano esattamente dal futuro, ma… dal mondo letterario: sì, personaggi della letteratura che hanno assunto una identità propria cosa che, a sentire il Pirandello dei Sei personaggi sarebbe più che normale.

Quindi anche ucronie e universi paralleli possono trovare una collocazione “domestica”?

In Terre accanto, due episodi riguardano il Veneto: nel secondo scenario, un missionario africano giunge nelle nostre terre a convertire i selvaggi che le abitano: in pratica, le invasioni barbariche a ondate successive hanno sradicato la civiltà e trasformato buona parte dell’Europa in un mondo primitivo e desolato. Nel terzo, la Repubblica di Venezia è uscita vincitrice dalle guerre del ‘500 e ha scavato il Canale di Suez, diventando una potenza mondiale ed estendendo la sua influenza nell’Oceano Indiano.
Nel racconto La Principessa bizantina, l’Italia è rimasta longobarda fino al Mille; in Appuntamenti mancati, la vicenda si colloca fra Padova, Mestre e Venezia: un uomo e una donna comunicano grazie al PC, ma non riescono ad incontrarsi. Alla fine, si renderanno conto che vivevano in due mondi diversi, lei in un’Italia nella quale il fascismo non era mai caduto, lui in un Veneto occupato per 40 anni dai Sovietici. Anche il romanzo La guerra dei Multimondi, ambientato prevalentemente a Padova, immagina due universi distinti che entrano in contatto: uno è più o meno il nostro, l’altro ha patito nel 1983 le conseguenze di una terribile Terza Guerra mondiale. Il romanzo L’undicesima persecuzione è proiettato di alcuni decenni in avanti, e descrive un’Europa diventata insopportabile nel suo voler imporre modelli di comportamento e di pensiero. Non è detto esplicitamente, ma la città dove vivono i protagonisti si riconosce come Padova; anche il racconto Nata il 24 febbraio, dove si descrive una guerra russo-ucraina che prosegue, interminabile, spossante, negli anni a venire è ambientato in una Padova spettrale e impoverita.

Ti è capitato mai che lo stesso spunto spunto desse origine a romanzi o racconti di generi diversi?

Certo; un esempio: da una mia ricerca sul Risorgimento nel nostro territorio e dal saggio Soldati dell’Imperatore ho tratto il materiale per il romanzo storico Sotto l’Aquila bicipite ma anche per il secondo episodio di Stella cadente. Dal volumetto sul Duomo di Montagnana ho iniziato a interessarmi di Galeotto Marzio, e un curioso affresco astrologico nel catino absidale di una cappella mi ha fornito idee e materiale per Gli Eredi del tempo. Come dicevo, la cultura è come il maiale: non si butta via niente.

Immagino che anche dalla tua carriera di docente di letterarura italiana tu abbia ricavato qualcosa.

Naturalmente c’è il primo episodio di Stella cadente, pieno di citazioni della Divina Commedia, ma anche Se tutti gli universi…, un racconto di fantascienza, pubblicato nell’antologia “Le altrui scale. Racconti per Dante Alighieri”, in occasione del centenario della morte del Poeta. Avrei anche scritto, per l’occasione, un romanzo e un racconto, ma pazienza: sarà per il prossimo anniversario. Dall’Ariosto e dal Boiardo ho ricavato un romanzo e un racconto, inediti, per il momento: Vietato dare cibo ai draghi e Epos: storie di donne, cavalieri, armi e astronavi Space-opera, più il racconto breve pubblicato La discarica abusiva del Cavalier Astolfo.

Anche il lavoro che uno svolge può essere occasione per fare della buona fantascienza, no?

Sì, credo qualsiasi lavoro. Nel mio caso, poi, la scuola mi ha dato moltissimo in termini di letture e approfondimenti e quindi idee e spunti, e ancor più sul piano umano: allievi e colleghi che ho incontrato di volta in volta, piccole e grandi avventure, situazioni. Finora di ambientazione in tutto o in buona parte scolastica sono usciti Una notte in collegio, un racconto “weird”, I Signori del tempo e Viaggio d(‘)istruzione, ma avevo elaborato il progetto di una raccolta che doveva intitolarsi Quella fetida cancrena. Storie di insegnanti ai confini della realtà (e anche oltre), prendendo spunto dalla celebre definizione data da Tommaso Filippo Marinetti del nostro lavoro e del nostro ruolo. Ho anche da parte un bel po’ di romanzi e racconti sul nostro “lavoro” di scrittori…

copertina del romanzo "I signori del tempo" di Alberto Costantini
copertina del romanzo “I signori del tempo” di Alberto Costantini

È possibile nella fantascienza introdurre anche elementi marcatamente personali?

Direi che è più facile perché la fantascienza, proprio per la collocazione della vicenda in un mondo che non esiste o non esiste, ancora ti consente quel distacco da sé che altre forme di narrazione renderebbero più imbarazzante o più difficile.

Secondo te l’ideologia politica e la visione del mondo influenzano lo scrittore, oppure nel descrivere gli scenari tipici della fantascienza deve staccarsi della sua visione del mondo?

Come tutti ho anch’io le mie idee, alcune abbastanza radicate, altre che cambiano e si evolvono, quantunque ad una velocità inferiore ai cambiamenti di idee e schieramenti dei politici. Generi come la distopia o l’ucronia si prestano fin troppo a dar sfogo ai propri giudizi e pregiudizi, e questa è una tendenza da tenere sotto controllo. Per quel che mi riguarda, ho cercato di reagire e di premunirmi inserendo abbondanti dosi di ironia, come in Nata il 24 Febbraio a proposito dell’attuale guerra ucraina e L’undicesima persecuzione sull’Europa che verrà. Naturalmente, non corrispondono pienamente alle mie idee le idee e le opinioni che esprimono i personaggi, ma questo è pacifico per qualunque tipo di narrazione.

Alcuni elementi però sembrano ritornare

Certamente la vicenda della Repubblica di Venezia, a cui sono sentimentalmente molto legato. Io e Massimo Citi avevamo progettato una serie di romanzi, dal titolo Ma Napoleone è morto ad Arcole? in cui si immaginano ucronie venete. Il primo, l’unico edito finora, ha come sottotitolo: Al Servizio Segreto della Serenissima. Mi diffondo un poco a raccontarlo, perché mi dispiace che non abbia avuto molto riscontro fra i lettori, soprattutto veneti: per me è uno dei migliori romanzi che abbia scritto. Siamo nel luglio del 1849, e sulla spiaggia del Lido di Venezia, due soldati trovano una donna stesa sulla sabbia priva di sensi. La sua storia appare ben oltre gli estremi limiti della follia: nel 1778 gli Inquisitori di Stato avevano utilizzato la macchina del tempo creata dal celebre Maestro Galeotto Marzio, per inviare la loro migliore spia nel futuro, al fine di conoscere il destino che attendeva la Repubblica. La bellissima Cecilia sta ora faticosamente tornando dal XXI secolo, recando nella sua memoria il patrimonio di conoscenze e informazioni che potrebbe salvare la Serenissima. Il problema è che, anche di fronte al pericolo imminente, la classe dirigente veneta preferisce non credere al racconto della donna; sarà così lei a prendere in mano la situazione. Cecilia è intelligente, elastica, aperta, ma soprattutto animata da un patriottismo veneto a prova di bomba e da una determinazione di ferro.
Una curiosità: il racconto Amore di figlia, è apparso anche come Amor de fioła, in lingua veneta, sulla rivista “Quatro Ciàcoe”; è il primo esempio, credo, di una storia di fantascienza scritta nel nostro idioma.
Ma amo anche la vecchia Austria: la prestigiosa rivista Mitteleuropa ha pubblicato, in occasione della morte di Otto d’Absburgo, un mio racconto del funerale, come sarebbe stato se l’Impero fosse sopravvissuto o si estendesse da Novara a Odessa.
Quanto al fascismo, mi ci sono avvicinato con molta prudenza perché è ancora un argomento che scotta.

copertina del romanzo "Ma Napoleone è morto a Arcole" di Alberto Costantini
copertina del romanzo “Ma Napoleone è morto a Arcole?” di Alberto Costantini

Un discorso a parte meritano le religioni.

Sì, l’elemento religioso è fondamentale nella vita delle persone singole e dei popoli. In Terre accanto tre episodi su quattro ruotano proprio attorno a modificazioni della storia religiosa mondiale come la conosciamo.
Quanto alla teologia vera e propria, a volte l’ho toccata in racconti e romanzi; ad esempio, i tre personaggi di fantascienza che si incarnano nel tredicesimo secolo per rintuzzare l’attacco degli aristotelici si inseriscono nel dibattito sulla onnipotenza divina; ci sono poi i problemi morali che si pongono i personaggi “reincarnati” di Le astronavi di Cesare, l’impatto di una rinascita cristiana in una società futura europea completamente – anche un po’ fastidiosamente – laica.
Ma non manca la filosofia, sia pure in chiave prevalentemente umoristica.


Le conclusioni dell’intervistatore, per quel che valgono.
Tirare le conclusioni di un’intervista è sempre un po’ un tradire. Si colgono aspetti, frasi, pensieri da un insieme complesso, che è proprio dello scrittore intervistato. Io devo ammettere che spesso provo un senso di delusione leggendo molta fantascienza, sia in lingua inglese che in francese o italiano . Ci sono le idee, ci sono le trame. I meccanismi sono quelli ben oliati e conosciuti. Eppure. Eppure mi sembra che manchi qualche cosa. Credo che quest’intervista mi abbia chiarito alcune idee a proposito.
Dal mio punto di vista emergono cose precise – l’ho premesso, magari tradisco la complessità dello scrittore Costantini.
L’ambientazione, per esempio. Per dare corpo e passione a un racconto o a un romanzo l’ambientazione è fondamentale. L’autore deve scrivere di cose che conosce bene, che ha vissuto e magari anche sofferto – ovviamente non sto parlando di space-opera. Poi c’è lo studio, il lavoro dietro a una storia. Quando Alberto Costantini scrive un racconto non fa un trattato di storia, sarebbe di una noia micidiale. Se vuole scrivere un saggio allora scrive un saggio, come d’altra parte ha già fatto. Però un personaggio storico messo in una situazione anomala deve comportarsi come quel personaggio reagirebbe in quel contesto. E allora bisogna conoscerlo veramente, averlo studiato a fondo. Nel processo di creazione narrativa l’autore poi porta il personaggio storico a fare scelte, nella nuova situazione, che sono coerenti con quello che lui era realmente, lo porta a essere vivo,. E si possono mettere in luce, sempre nel processo narrativo, aspetti complessi, che non sono nel manuale di storia. Sono aspetti non veri, ma verosimili.
Il racconto acquista spessore, significato. Mentre coinvolge fa pensare.
L’altro aspetto che mi ha colpito di quest’intervista è che uno storico di professione non usa la fantascienza per parlare di reti neurali o di Intelligenze Artificiali o di cose che non conosce. Non parla di motori a curvatura. Eppure riesce a scrivere fantascienza – o meglio ancora letteratura dell’immaginario – non uscendo dalla sua specifica professionalità. Credo che questo Alberto Costantini l’abbia spiegato assai bene, nelle sue risposte.
E a me, come lettore, sparisce il senso di parziale delusione che dicevo prima, quel senso di “si, va bene, ma manca qualche cosa, ma che cosa?”.


Nato a Vicenza nel 1953, Alberto Costantini da sempre vive a Montagnana (Padova). Laureato in lettere antiche con tesi in storia greca, è stato docente nei Licei fino al 2016. Autore di numerosi volumi, opuscoli e articoli, ha tenuto conferenze e corsi di formazione ed aggiornamento su argomenti legati ai suoi interessi, in particolare di storia e letteratura. Ha contribuito alla realizzazione de “L’anno del contatto – Alieni a Roma”, originale spettacolo RAI, ha curato testi e sceneggiature per diversi eventi teatrali oltre a svariati documentari turistici. La sua produzione si suddivide fra la fantascienza, il romanzo storico e la ricerca storica.

6 risposte a “la fantascienza, il fantastico, il romanzo storico e la ricerca storica.”

  1. Avatar franci

    Ciao Nino, ma sai che questa è davvero un’intervista interessante. Sapevo poco o nulla di Costantini, ho scoperto un mondo. Grazie.

    1. Avatar Alberto Costantini
      Alberto Costantini

      Grazie, Franci! E grazie Nino, ovviamente.

  2. Avatar Giovanna Repetto
    Giovanna Repetto

    Veramente stimolante. Mi ha dato uno spunto per le prossime letture anche se, con un autore così prolifico, c’è davvero l’imbarazzo della scelta!

    1. Avatar Alberto Costantini
      Alberto Costantini

      Grazie, Giovanna. Il problema è che ho iniziato tardissimo a scrivere, e fra insegnamento e letture (e anche esperienze e riflessioni), mi sono trovato dopo i 50 anni ad avere una montagna di idee alcune delle quali potevano meritare di essere messe su carta. Vinta la ritrosia iniziale, mi sono detto: la vita non è abbastanza lunga da star sopra a pensare “che faccio? Lo propongo? Lo rivedo per la 22° volta? Lo tengo per sempre nel computer?”

  3. Avatar Silvia Treves

    Che bella intervista! Conoscendovi entrambi (e volendovi bene) mi è sembrato di sentirvi dialogare, di confrontarvi su temi a cui siete legati e che toccano molto anche me. Ho apprezzato la passione di Alberto per la storia, vista in maniera complessa, sugli snodi possibili e su personaggi sempre contestualizzati, ele riflessioni di Nino sulla scrittura e su cosa sia fondamentale e su cosa spesso manchi… E la riflessione di entrambi sulla necessità di scrivere ciò che si conosce e che offre miniere di spunti. Grazie!

  4. Avatar Alberto Costantini
    Alberto Costantini

    Grazie Silvia, commento puntuale e centrato come sempre.

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