Nino Martino
Report da un corso di formazione per insegnanti delle primarie a di Sassari. misure, visualizzazione, riflessione, rifrazione e … alcuni imprevisti, come sempre succede in un lavoro collettivo di apprendimento
Questo “pezzo” è stato scritto dopo circa tre ore di lavoro collettivo con un gruppo di insegnanti del 1 circolo di Sassari, scuola primaria.
Passando in modo più o meno fortunoso a fare delle misure di rifrazione anche con mezzi diversi (acqua, olio, alcool) si osserva una anomalia rispetto a una credenza comune. E’ ancora una dimostrazione del “metodo”. A volte, seguendo il modo di fare ricerca collettivamente, si osservano cose impreviste. Questo ci impone una ulteriore riflessione e ricerca.
Non bisogna mai eliminare dalla nostra vita quello che non riusciamo a capire lì per lì (e ci sono alcune cose che non capiremo mai, rilassatevi…)
Dopo una affannosa ricerca tra dipartimento di Fisica di Genova e internet si scopre un “errore” di alcuni libri di testo, a volte grossolani grossolani al riguardo.
Piccolo intermezzo sulla natura della luce
Non ho trascritto negli appunti di ieri una cosa che ci siamo detti sulla materialità o meno della luce. Aggiungo oggi con un supplemento di discussione che abbiamo avuto.
Taluni libri di testo di chimica (soprattutto) riportano come definizione di massa la seguente: la massa è espressione della quantità di materia. Osservate che sembra di capirla, sembra ragionevole. Invece il concetto di massa è uno dei più complicati e presenta molti problemi di definizione. non sto qui ad allungarmi, non è questo lo scopo. ma faccio invece una divagazione sulla divulgazione scientifica. La divulgazione scientifica non è tale se non fornisce in termini semplici, comprensibili, una serie di concetti di fisica. Può anche non dire tutta la verità ma non può dire delle cose fuorvianti. Una cosa semplificata non può contenere una semplificazione tale che la fa diventare sbagliata. Altrimenti che divulgazione scientifica è?
Proviamo in altro modo a definire la massa. Se io applico una stessa forza a due corpi diversi i due corpi si mettono in moto diversamente, oppongono una resistenza diversa a mettersi in moto. Questa difficoltà a mettersi in moto sotto la spinta della stessa forza si chiama massa inerziale (per i matematizzati: la massa è la costante di proporzionalità che c’è fra forza e accelerazione). Trascurando la parentesi diretta ai matematizzati, suppongo che il resto sia stato chiaro per tutti.
Ma, mi dite voi, la prima definizione era assai più semplice. Appunto. Era così semplice da essere perlomeno non molto corretta, per molti motivi.
La definizione precedente, quella assai semplice può cadere in alcuni casi. Ma la seconda, quella un pochino più complicata regge ancora, la massa rappresenta sempre in qualche modo l’inerzia del corpo a cambiare il suo movimento.
In più c’è un importante sottoprodotto, che è quello che è emerso dalle vostre domande.
Il ragionamento che alcuni di voi hanno fatto (del tutto corretto) è il seguente: se la massa esprime la quantità di materia i fotoni che non hanno massa non sono materiali.
La luce è materiale o no?
Invece di fare lunghe disquisizioni molto raffinate sull’esistenza dell’anima che non possono convincere nessuno veramente perché non sperimentabili (se non quelli che sono già convinti per altra via, ma questo è un altro discorso…) facciamo le solite cose volgari che fanno i fisici: diamo una definizione (peraltro ragionevole e supportata dall’esperienza).
Diciamo materiale ogni cosa che interagisce con la materia. La pallina da baseball è materiale perché lanciata con una certa velocità viene catturata da un guanto da baseball emettendo uno schiocco caratteristico. Tutti i corpi materiali interagiscono fra di loro.
Adesso veniamo alla domanda se la luce è materiale o no. In base alla definizione data la luce interagisce fortemente con la materia. Quando arriva nel nostro occhio produce una serie di alterazioni sulla retina che vengono trasformate in impulsi elettrici nervosi e noi vediamo la luce. La stufetta radiante riscalda il mobiletto vicino (troppo, allontanatelo per favore…). Il sole riscalda la terra dopo che i suoi raggi hanno viaggiato per otto minuti (tempo terrestre) nel freddo dello spazio vuoto e abissale. I raggi ultravioletti ci bruciano la pelle d’estate (dov’è finito l’ozono negli strati alti, qualcuno ce lo rimetta per piacere…).
Che differenza c’è fra un pugno in faccia e una bella scottatura sulla spiaggia? Il primo è materiale e la seconda no? Allora basta che immaginiate di non avere scottature e scottature non avrete più (provateci sperimentalmente…).
Ma i fotoni non hanno massa. E allora? Il mondo è fatto così. C’è chi ha massa e c’è chi non ha massa. I fotoni non ce l’hanno ma sono materiali perché interagiscono con la materia.
Alcuni di voi hanno riportato la notizia che avrebbero scoperto che i fotoni hanno in realtà una massa piccolissima. Innanzitutto bisogna vedere la vera notizia, cioè lo scritto del ricercatore in questione e non la notizia giornalistica sullo scritto del ricercatore. Potrebbe essere ad esempio che abbiano calcolato la massa che dovrebbe avere il fotone per fare una certa curva intorno a una certa massa grande. Quindi o il fotone segue una curvatura dello spazio creata dalla grande massa, oppure lo spazio è … diritto e il fotone ha massa (piccolissima). ma questa ultima affermazione urta contro molte cose della relatività, della velocità della luce ecc. ecc.
Oh, intendiamoci, siamo sempre disposti come fisici a cambiare le nostre idee, se questa è una necessità. ma se non è necessario è bello essere pigri e pensare che lo spazio è curvo intorno a una grande massa e che il fotone segue la curvatura dello spazio (e non ha massa).
Un’altra domanda era ma che cosa diavolo è la luce? Come faccio a spiegare agli studenti miei che cos’è la luce?
Bisogna distinguere tra quelli che sono i nostri problemi e quelli che sono i problemi degli studenti. Spesso creiamo i problemi negli studenti riversandoci sopra i nostri. Ma supponiamo che il problema sorga veramente in una classe.
Potete spiegare credo il modello corpuscolare-ondulatorio senza troppi problemi: la luce (dicono i fisici allo stato attuale della ricerca, dateci sempre la colpa abbiamo le spalle larghe) pare che sia fatta da corpuscoli chiamati fotoni ciascuno dei quali è fatto da un pacchetto d’onda. A volte io vedo i pacchetti e a volte io vedo l’onda (vi ricordate? Finestra stretta e finestra larga…).
Se avete abituato i ragazzi a un atteggiamento scientifico, non dovrebbero esserci troppi problemi.
Pensate a questo: nessuno sa cosa sia veramente la luce, cosa siano veramente gli elettroni ecc. ecc. C’è un problema filosofico sotto sotto. Noi studiamo gli oggetti attraverso le relazioni che hanno con altri oggetti. Quando io definisco un qualunque oggetto lo definisco in base alle relazioni che ha con tutto il resto. Non definisco l’oggetto in se’, non posso farlo. Ma se io non so cosa siano veramente gli elettroni posso o non posso costruire un circuito elettrico come il telefonino che avete in borsa? Lo posso costruire perché anche se non so cosa siano gli elettroni in sé ( Kant? )so che relazioni hanno con il resto del mondo, ho quantificato in equazioni, le ho risolte e ho costruito i telefonini. La ricerca dell’assoluto non ha mai portato molto lontano, abbiate pazienza se dico delle cose che possono sembrare strane.
E’ difficile abituare i ragazzini a questo modo di vedere? Se ci siete riusciti non vi chiederanno cosa è la luce in sé ma saranno molto interessati al modello che si può fare del suo comportamento. La discussione è aperta.
Altra questione è come faccio a vedere che il modello attualmente corretto è il modello ondulatorio-corpuscolare. Io posso spiegare, magari lo farò oggi pomeriggio, ma di qui a spiegarlo ai ragazzini credo che ci sia un po’ di mare in mezzo.
Le onde fanno interferenza: due onde uguali ma sfasate se arrivano in opposizione di fase, danno luogo ad un’onda di ampiezza … zero. La somma punto per punto delle due onde è zero. Posso far fare interferenza a due onde luminose? Sì. Allora vuol dire che la parte ondulatoria è spiegata dalla interferenza.
Invece c’è anche l’effetto fotoelettrico che vi spiegherò velocemente oggi pomeriggio, forse. E l’effetto fotoelettrico è spiegato dalla parte corpuscolare del modello.
Ma come fate a far vedere l’interferenza o l’effetto fotoelettrico?
Potete forse dire, raccontare, che ci sono esperimenti che fanno vedere la natura ondulatoria della luce e degli esperimenti che fanno vedere la natura corpuscolare della luce? Discussione aperta.
Fine intermezzo (per il momento).
Da che cosa dipende la visibilità del raggio di luce laser in un mezzo?
Abbiamo passato poi praticamente tutto il pomeriggio a fare esperimenti di diversa natura.
Innanzitutto abbiamo cercato di visualizzare il raggio laser nell’aria. Abbiamo usato il borotalco. E abbiamo visto bene il raggio, la luce veniva riflessa dalle varie minutissime particelle del borotalco. Ma è sorto il problema che se io spruzzo il borotalco sopra il liquido per far risaltare il raggio incidente, il borotalco va a formare una patina sul liquido e questo mi può alterare l’esperimento, non è più pulito come prima. Il fumo tossico della sigaretta sembra che sia ancora la cosa migliore. Oppure un liquido caldo fumante, oppure nebbia, ma la nebbia rischia di condensare su un liquido e formare uno strato d’acqua indesiderato. Useremo probabilmente fumo di sigaretta, in ultima analisi.
Poi avevamo due filoni di ricerca. Il primo era vedere se esistevano dei liquidi colorati che NON facevano vedere il raggio. l’ipotesi che abbiamo fatto è che le particelle anche minutissime e invisibili a occhio nudo presenti in un liquido riflettono la luce e rendono visibile il raggio. Quindi il fenomeno non dovrebbe dipendere dal colore del liquido ma dal fatto che siano presenti particelle o meno in sospensione nel liquido.
Ecco riportati i risultati dei vari esperimenti, correggetemi se sbaglio a ricordare qualche cosa o dimentico qualche cosa e io aggiungo agli appunti la vostra osservazione.
Il tè. Abbiamo usato il tè della macchinetta (bevanda al gusto di tè, zuccherata o meno non fa differenza). Il raggio si vede bene.
Acqua semplice. Il raggio non si vede se non inizialmente (presenza di minutissime bolle d’aria del rubinetto? Impurezze del recipiente? Impurezze dell’acqua? Bisognerebbe provare con acqua distillata e con recipienti perfettamente puliti. ma come fare per avere un recipiente perfettamente pulito? E l’acqua deve essere distillata e non demineralizzata (come quella del ferro da stiro…).
Acqua con inchiostro di china. Inizialmente il raggio non si vedeva perché troppo scuro era il liquido. Abbiamo diluito di più e si è visto il raggio. Allora abbiamo provato con diverse diluizioni, in modo da avere diversi liquidi sempre più chiari. Il raggio si vedeva benissimo in tutti i casi, forse di più con il liquido più scuro e questo poteva dipendere sia dal fatto che ci sono più particelle in sospensione sia dal fatto che c’è maggiore contrasto, con il rosso del raggio. ma a questo proposito Sara mi ha fatto osservare, dopo, che con l’alcool che era rosso chiaro il raggio si vedeva meglio che con tutte le altre sostanze… L’ipotesi peraltro è che con l’inchiostro di china si mettono in sospensione molte particelle colloidali che danno, appunto il nero di china. Tra l’altro il metodo sarebbe buono per determinare la presenza di particelle minute praticamente invisibili ad occhio nudo in sospensione nei liquidi.
Acqua con latte. Si vede a patto che non ci sia troppo latte, altrimenti l’acqua è troppo torbida e assorbe il raggio che non si vede. Ci sono comunque in sospensione goccioline di grasso omogeneizzato.
Acqua con miele. Si vede, male, ma si vede. Una di voi ha fatto notare che il raggio luminoso quando si vede mostra dei brillantini, così li avete chiamati voi, che si muovono all’interno della luminosità diffusa. Abbiamo dato questa spiegazione: ci sono delle particelle più grosse, o delle bollicine d’aria, a secondo i casi, che diffondono il raggio luminoso di più. La presenza dei “brillantini” l’abbiamo presa da quel momento in poi come l’indice di presenza di particelle riflettenti.
Olio. Si vede perfettamente senza problema. Perché? Con i brillantini tra l’altro.
Alcool. Si vede perfettamente ed è il più … telegenico a detta di Sara, la nostra cameraman (camerawoman?) (pensate, per inciso, che il mio correttore ortografico non ha segnato cameraman, vuol dire che è un vocabolo ben accetto, ma ha segnato inesorabilmente camerawoman, proprio non gli va giù…). E’ probabilmente la presenza della sostanza denaturante. Con l’alcol puro a 90 gradi si vede? Ehm, sbronza in vista, gente…
Vino. Si vede. Bisogna miscelarlo con acqua altrimenti è troppo scuro.
Non siamo riusciti a vedere un liquido colorato che non mostrasse l’effetto di rendere visibile il raggio luminoso. ma la spiegazione delle particelle riflettenti, anche se invisibili a occhio nudo è sempre presente.
Abbiamo concluso che sono le particelle riflettenti in sospensione nel liquido, come le particelle di borotalco o le particelle di fumo che rendono visibile il raggio. E’ molto difficile ottenere un liquido più o meno colorato in cui siamo sicuri che NON ci siano particelle magari di sporcizia in sospensione.
Devo controllare una cosa, ma non ho qui la possibilità, forse attraverso Mario (dipartimento di fisica di Genova, N.d.R.) oggi pomeriggio. E’ possibile che esistano delle sostanze liquide che abbiano la caratteristica di emettere luce quando sono attraversate da un raggio luminoso, quindi con un meccanismo diverso delle particelle in sospensione. ma sono sostanze particolari, non c’entrano con quello che abbiamo sperimentato.
Preparazione delle misure incidente-rifratto-riflesso
Passiamo adesso all’altro filone di ricerca. Se qualcuno di voi è andato a vedere i sacri testi ha trovato delle definizioni diverse degli angoli che volevamo misurare, sono presi in maniera diversa. Non c’è problema. Non vi ho detto niente perché è assolutamente la stessa cosa. poi se vogliamo confrontare i dati sarà meglio utilizzare le tabelle della “comunità” scientifica e quindi convertire gli angoli che misureremo con le definizioni “comunemente accettate”. Non chiedetemi peraltro ora come fanno “gli altri”, chiedetemelo dopo aver preso i dati.
Avevamo diverse sostanze a disposizione, se vi ricordate Franco proponeva due strati: aria, acqua e olio. L’olio galleggia sull’acqua. quindi non c’è problema. Galleggia perché ha una densità minore e la densità, per la comunità scientifica, è data dalla massa diviso il volume. Perché i corpi di densità minore galleggiano su quelli a densità maggiore apre un altro filone di ricerca, che è la spinta di Archimede. Sarebbe affascinante trattare anche questo aspetto, perché presenta molti possibili esperimenti facili a farsi. Nella futura mailing list, se volete, potremmo fare anche questo. Provare a distanza a seguire una serie di cose, non solo quelle particolari sulla luce. Io sono disponibile.
Per il momento accontentiamoci di questo: è certo che i liquidi non miscibili a densità minore stanno sopra a quelli a densità maggiore.
Abbiamo pensato all’alcool e all’olio. ma io e franco abbiamo subito detto che l’alcool scioglie l’olio e per un po’ vi abbiamo tenuto buoni. Ma ormai ci avete preso gusto al metodo e di nuovo qualcuno ha debolmente avanzato: “proviamo? Proviamo lo stesso?…”. Con estrema sufficienza sia io che franco abbiamo messo in un recipiente olio e alcool e …. non si sono mischiati e l’alcool galleggiava sopra l’olio. Poiché il suicidio di massa non è contemplato dalla filosofia mia e di Franco abbiamo semplicemente abbozzato e con un breve sorriso abbiamo detto “eh, ci eravamo sbagliati, bravi, non si scioglie, eh, eh…”. Questo lo riferisco per un motivo preciso: non è possibile sapere la risposta a ogni cosa. e se sbagliamo a dare una risposta non succede niente, non perdiamo niente. Anche con gli studenti succede di dire cose sbagliate, ma basta saperci fare nel riconoscere i propri errori e non succede niente. Anzi ci acquistate. Avete pensato forse che io non sapendo che l’olio non si scioglie nell’alcool sia un gaglioffo mentecatto? (ehm ,va bene, l’avete pensato, ok, parliamo d’altro…) Non avevo mai fatto l’esperienza prima e ragionavo in termini di solventi organici. Il riconoscere il proprio errore di fronte all’evidenza sperimentale non fa altro che rafforzare la bontà del metodo scientifico e del metodo didattico che è poi quello che volgiamo ottenere, credo, spero…
a questo punto abbiamo fatto addirittura tre strati, anzi quattro mezzi:
L’aria, l’alcool in cima, poi l’olio, poi l’acqua con un po di tè per evidenziare il raggio. L’alcool e l’olio non hanno bisogno di niente. Abbiamo utilizzato il nostro paio di professioniste del fumo di sigaretta per evidenziare il raggio nell’aria e abbiamo fatto l’esperimento.
abbiamo ottenuto qualche cosa del genere:
Quello che non ci aspettavamo era il comportamento del passaggio del raggio di luce laser tra olio e acqua. i sacri testi e i sacri articoli stampati da Franco riportavano una cosa diversa e cioè che il fenomeno dipende dalla densità, ovvero nel passaggio da un mezzo meno denso a uno più denso il comportamento è lo stesso, aumenta l’angolo di inclinazione del raggio rispetto alla superficie (lo dico per come avete deciso di misurare voi…). ma alcool, olio e acqua hanno densità crescenti.
Non è possibile che il comportamento tra alcool e olio sia diverso dal comportamento tra olio e acqua.
Ma i sacri testi si chiamano sacri perché sono sacri. Allora qualcuno ha bassamente insinuato che l’olio avesse una densità maggiore di quella dell’acqua (a occhio sembra così, è più … viscoso). Pur di salvare i sacri testi più recenti ha messo in dubbio le affermazioni di Sant’Archimede di Siracusa.
Io mi sono stretto le spalle, non avevo mai fatto gli esperimenti in questione, ma non potevo dubitare dell’esperimento che avevamo visto e ripetuto più volte. Allora sono ricorso a una cosa comunque vera che è la velocità della luce nei diversi mezzi ma di questo vi parlo di più in capitoletto apposto.
Devo confessare che sono rimasto un po’ sconcertato anch’io. Non capita tutti i giorni di rilevare errori nelle Sacre Scritture.
Ho parlato ieri sera con Mario De Paz, che è stato incidentalmente mio professore a fisica di Genova e con il quale abbiamo formato il gruppo di ricerca didattica di cui forse vi ho parlato, che mi ha rassicurato. Dipende da come interagisce la luce con il mezzo, dalla sua velocità nel mezzo che attraversa, dall’indice di rifrazione (che è un altro modo per dire la stessa cosa, in fondo). L’olio è formato da catene organiche complesse e probabilmente interagisce in modo differente dall’acqua con la luce.
Oggi pomeriggio riceverò in e-mail da Roberto, che avete conosciuto il primo giorno, una serie di tabelle di indici di rifrazione delle sostanze e delle loro densità.
Gli indici di rifrazione sono particolarmente studiati perché hanno una certa importanza industriale e nella ricerca, quindi non c’è problema. L’indice di rifrazione, lo dico per voi, non per i bimbi, ovviamente, è dato dal rapporto tra le velocità della luce nei due mezzi. E deve essere fissato anche il colore della luce. A seconda del colore della luce cambia l’indice di rifrazione.
Altro filone di ricerca nostra: come dipende il fenomeno dal colore della luce? Noi utilizzeremo luce laser rossa e quindi con una sola frequenza e non avremo il problema. viene fuori il problema dell’arcobaleno ecc. ecc è molto bello far vedere l’arcobaleno con un raggio luminoso bianco che attraversa acqua vaporizzata… spiega il fenomeno dell’arcobaleno che tutti hanno visto.
Guardate un po’ in che ginepraio ci siamo ficcati sperimentalmente… E’ comunque divertente, per me, almeno. Abbiamo visto una cosa sperimentalmente e adesso ci siamo sguinzagliati alla ricerca della spiegazione e inizia un’avventura con gli indici di rifrazione. Non avrei mai pensato.
Riporto qui sotto un po’ di tabelle che mi ha fornito Roberto da Cagliari stamattina:
Olio d’oliva 0.920 1.4665-1.4682
Acqua 1 1.333
Aria 0.13 1.000296
Etanolo 0.790 1,3611
Indice di rifrazione per alcuni materiali
Materiale n a λ=589,3 nm
elio 1,000 036
aria in condizioni normali 1,000 292 6
anidride carbonica 1,000 45
ghiaccio 1,31
acqua (20°C) 1,333
etanolo 1,36
glicerina 1,472 9
sale 1,516
bromo 1,661
vetro (tipico) da 1,5 a 1,9
diamante 2,419
silicio 3,4
fosfuro di gallio 3,5
Il raggio di luce e il bagnino sulla spiaggia
Diamo una spiegazione in parte interna per la nostra comprensione e poi vediamo come presentarla ai bambini. Prendiamo il problema del bagnino e di uno/a che affoga in mare. Il bagnino è sulla spiaggia di sabbia finissima, il mare è assolutamente calmo, il bagnante fa finta di affogare ma in realtà vuol essere salvato (così evitiamo aspetti truculenti…). Qual è la traiettoria più furba che deve fare il bagnino per salvare l’affogante?
NON è una linea retta che congiunge le due posizioni.
E’ vero che è il percorso più breve tra A e B, ma conviene fare una spezzata: percorrere un tratto un pochettino maggiore sulla sabbia dove il nostro aitante bagnino è molto veloce nella corsa e un tratto un pochettino inferiore nell’acqua dove il bagnino è necessariamente più lento. Viene fuori una traiettoria come in figura:
Se ponete il problema ai bambini credo che siano in grado dopo un poco di comprendere bene il problema, anche in base alla loro pratica.
La luce per andare da un punto A a un punto B si comporta esattamente nello stesso modo di un bagnino. la luce vuole (la luce è senziente, ovviamente…che credevate?) andare dal punto A al punto B nel più breve tempo possibile (ha sempre molta fretta, è per questo che va così veloce…), non con la traiettoria spaziale più breve ma seguendo la traiettoria a cui compete il minimo tempo di percorrenza.
Allora se i punti A e B sono nello stesso mezzo la luce fa la traiettoria di minor tempo che è anche quella del minore spazio, che è un segmento di retta che unisce A e B. Ma se la luce attraversa una superficie di separazione fra due mezzi, allora si comporta come il bagnino. Percorre un po’ di più nel mezzo in cui è più veloce, un po’ di meno nel mezzo in cui è meno veloce, fa una spezzata, esattamente come il bagnino. la velocità della luce dipende dal mezzo trasparente che attraversa, in maniera complessa con le formule, è sempre molto alta, ma varia a seconda del mezzo.
Allora quello che ci succedeva sperimentalmente era che la velocità della luce nell’aria era più alta di quella nell’alcool, la velocità della luce nell’alcool è più alta di quella nell’olio, ma la velocità della luce nell’olio è più bassa di quella nell’acqua.
E questa è la spiegazione rigorosa del fenomeno osservato. Punto. Poi rimane il problema della densità, ma è un falso problema: generalmente è vero che la luce in un mezzo trasparente più denso è meno veloce, ma in realtà dipende dal tipo di interazione che ha la luce con gli atomi o le molecole o le catene molecolari del mezzo che attraversa.
********************
(nota dell’autore in data 2013, il corso era stato effettuato in data 2010) Alcune riflessioni sugli “incidenti” di laboratorio sono necessarie.
Uno dei motivi per cui molti di noi non amano fare laboratorio scientifico con i bambini o con gli studenti è che non si sa mai quello che può succedere. Abbiamo paura del fenomeno imprevisto, della domanda inaspettata a cui non sappiamo rispondere.. In altri campi, dove le parole contano molto, sapete, ci si può sempre arrangiare con un po’ di altre parole, qualche giro di frasi ben fatto con una spruzzatina di associazione libera plausibile e il gioco è fatto. Ma con il laboratorio di scienze? Cosa si fa quando salta fuori qualche cosa di inaspettato e imprevisto (tranquilli, rilassatevi: succede … sempre)?
Il problema è a monte. Si pensa comunemente che la scienza, o genericamente il sapere, sia dato una volta per tutte. Quindi un insegnate è uno che sa e che dice agli studenti il sapere (fisso, immutabile). O si sa o non si sa. Vergogna a chi non sa, se questo è un insegnante. Certo, ci ammantiamo di parole messe nella programmazione e in testa alle nostre cose, in cui si parla diffusamente di formazione di spirito critico, di processi cognitivi e quanto altro Dio comanda. Ma poi in laboratorio…
Il fatto è che la credenza comune è falsa. Il sapere non è rigidamente costituito (in nessun campo!). La cultura non consiste nel sapere nozioni, ma saper fronteggiare situazioni impreviste con quello che si sa e ricercando il resto, insieme ad altri. Non si perde per niente di autorità, in una classe reale, quando di fronte a un imprevisto si dice “ehi, ma questo non l’ho mai visto, andiamo un po’ a capire insieme, facciamo quest’altro esperimento, andiamo a cercare in internet…”. Succede anzi il contrario: l’autorità ne viene rafforzata. Perché non siete semplicemente una persona che sa un po’ di cose perché le ha studiate e se le ricorda, ma siete qualcuno che è in grado di dirigere un processo cognitivo insieme a un collettivo di altre persone (ebbene sì, anche i bambini sono… persone). Quindi venite riconosciuti come persone veramente autorevoli.
A questo punto, è chiaro, insegnare diventa faticoso, perché bisogna continuamente studiare, ricercare, guidare ricerche effettive. Be’ c’è sempre qualche utile idiota che dice che insegnare è un lavoro come un altro. Scordatevelo, per scelta o necessità vi siete beccati un lavoro che non è come un altro. Ma può capitare che lavorare così sia gratificante e anche molto divertente – e che altro volgiamo dalla vita?
Nino Martino (ultima revisione e aggiunte gennaio 2013)
L’elasticità nel mondo per parlare d’altro
credenze comuni, misure di elasticità, disinganni, apparenze e altre cose ancora
Sulla costruzione di un curricolo verticale
La ricaduta nelle classi: l’elasticità con i ragazzi
La ricaduta nelle classi: Le stupefacenti trasformazioni di una molecola d’acqua
In memoria del professore Franco Mura, dal cuore rosso, promotore e organizzatore di questo corso. Oh, amico mio, quante cose avremmo potuto fare ancora, insieme.