Nino Martino
La costruzione di un curricolo verticale non ha senso se viene inteso semplicemente come una serie di argomenti, come esercizio mentale in cui si cercano argomenti che possano essere trattati a diversi livelli senza alcun accenno alla metodologia con cui trattarli.
Abbiamo speso i due primi incontri sulla metodologia. La costruzione di un curricolo verticale non ha senso se viene inteso semplicemente come una serie di argomenti, come esercizio mentale in cui si cercano argomenti che possano essere trattati a diversi livelli senza alcun accenno alla metodologia con cui trattarli.
Abbiamo visto questa metodologia nella pratica, ricostruendo un gruppo “classe” con noi stessi, e trattando alcuni argomenti.
Uno degli argomenti che abbiamo trattato a fondo è stato quello dall’elasticità. Abbiamo visto come può essere trattato a diversi livelli, fino ad arrivare alla formulazione della legge di Hook ($F=-kx$) e al grafico rappresentativo, a livello di scuola media. Tra l’altro, in questo modo, il concetto di relazione sorge spontaneamente e si fissa , proprio grazie alla metodologia.
Insistiamo: un conto è dire che la relazione lega due oggetti, o grandezze, o entità e che questa relazione si può esprimere in termini matematici con una equazione, e un conto è costruirci insieme il concetto di relazione. I bambini appendono pesi diversi alla bacchetta, vedono la flessione diversa, cambiano il materiale e vedono flessioni diversi, scoprono il mondo di relazioni che ci circonda. Non lo stanno scoprendo da soli, non è “costruzionismo puro”, ci siamo noi ( che in teoria sappiamo cosa sia una relazione, si spera) e che quindi li accompagniamo alla scoperta del mondo, senza paura di scoprire cose nuove noi stesse, magari inaspettate.
La “matematica” nasce automaticamente come necessità di descrivere e di comunicare quello che abbiamo osservato, come formalizzazione simbolica necessaria a prevedere valori non sperimentati (è importante questo!). L’equazione non è più una cosa strampalata che si cala dall’alto e che non si capisce cosa diavolo voglia dire. E la risoluzione di una equazione diventa anche qui una necessità, un qualche cosa che finalmente si capisce perché si fa.
L’argomento della elasticità è stato già provato da una maestra di voi, dopo gli altri incontri.
Ecco il report sintetico:
******************
Bambini 4-5 anni scuola infanzia Caniga 1°circ. Didattico
Ho procurato diversi materiali, li ho riposti su un tavolino con i bambini sistemati davanti a semicerchio. ho cercato di creare un contesto stimolante in ambito scientifico e favorire una conversazione per rendermi conto attraverso le loro argomentazioni mentre manipolavano i materiali, quali fossero le conoscenze che essi hanno sull’elasticità e non solo..
materiali elastici molli:
b – si allunga quando tiro
b- più tiro e più si allunga
b- se tiriamo in 2 si allunga di piùins. secondo voi perché
b- ci vuole “ forza”
b- in due siamo più forti
b- si pero’ si può rompere (si rompe)materiali flessibili
b- il legnetto si piega ma poi si spezza..
b- questo rosso di plastica non si spezza , ma scende di piu’
b- quando faccio forza si “flette” molto ma non si rompeins- proviamo a sperimentare quanto flette
blocco con la forza della mano una bacchetta di plastica e dalla parte opposta faccio pendere appesi ad un elastico oggetti di vario peso
dalle loro osservazioni deduco che i bambini hanno capito che e’ il peso a determinare la flessione della bacchetta
b- maestra ti stai stancando la mano, cosi’ devi usare tutti i tuoi muscoli, mettiamo questo libro molto pesante , cosi’ puoi giocare con noi..
in seguito scoprono che ci sono oggetti di piccola dimensione che sono piu’ pesanti di altri maggiormente dimensionati
“la grandezza di un oggetto non e’ necessariamente proporzionata al suo peso”
i bambini segnano con la matita il livelli di peso dei vari oggetti su un foglio attaccato all’esterno del tavolino.
“misura”
confrontiamo la flessibilità’ di diversi materiali, spostando sia il contrappoggio sia il punto di applicazione dei vari oggetti.
rappresentazioni grafiche delle esperienze.
***
Vedete bene da questo sintetico report del lavoro fatto in classe dalla maestra, in una scuola dell’infanzia, quindi con bambini in età pre-scolare, che i concetti rudimentali di cosa sia l’elasticità, di cosa sia una proporzionalità, di cosa sia sperimentare e riprovare sono stati appresi, fatti propri dai bambini.
A volte noi pensiamo che la comprensione del mondo sia solo quella che avviene a posteriori, assai più tardi, con la formalizzazione simbolica, ma non è vero. Mi sembra che un bambino che abbia visto e fatto queste cose si ricorderà a vita di che cosa sia l’elasticità o che cosa sia una relazione, nel caso specifico la relazione che c’è fra peso appeso e allungamento usando un corpo elastico.
A me sembra che la formalizzazione simbolica (che dal punto di vista del pensiero è assai assai evoluta: un insieme di simboli strampalati segnati su un pezzo di carta rappresentano un fenomeno che avviene nella realtà, permettono di riprodurlo quando si vuole e permettono anche, udite, udite, di prevedere comportamenti futuri del corpo elastico per intervalli di valori non direttamente sperimentati ) diventi una cosa noiosissima, da imparare a memoria ma scarsamente comprensibile, se non c’è stato questo passaggio, questa comprensione a livello molto elementare e in età molto giovane.
Abbiamo visto come se si ripete lo stesso argomento alle primarie e poi successivamente alla scuola secondaria di primo grado si possano via via raffinare i concetti, fino a introdurre la formalizzazione simbolica dell’equazione dell’elasticità. I concetti ci sono, e via via si permette la costruzione “matematica”, alle primarie si arriva alla questione delle misure, dei numeri, e nella scuola media di primo grado addirittura alle equazioni, che finalmente hanno un senso compiuto, e magari a una serie di considerazioni sulle frazioni, sui denominatori, sulle proporzioni e tutto il resto.
Non appena riceveremo i report delle esperienze in classe agli altri due livelli questo documento verrà riscritto e integrato di ulteriori riflessioni.
La prima riflessione è che non esiste un argomento impossibile da trattare nella scuola dell’infanzia. E’ il livello che conta. Ma con questa metodologia che da spazio alla costruzione collettiva delle idee (ma mai a ruota libera!) niente è impossibile, perfino l’elettricità o il magnetismo, o il motore elettrico.
Avvertenza importante. Prendo distanza peraltro da un modo di fare che sembra questo esposto ma che è completamente differente.
Ho letto un resoconto agghiacciante di un lavoro fatto in classe., in cui con astute domande e astuti indirizzamenti si portava la classe ad affermare cose che non ricordo nemmeno più, ma tipicamente dettate dalla ideologia dell’insegnante.
Questo si chiama plagio.
Che differenza c’è allora? C’è la differenza che qui c’è un passaggio continuo attraverso la sperimentazione, attraverso la verifica di ipotesi fatte rispetto alla realtà. Tutto è verificato, e certe cose magari più complesse sono rimandate, richiedono la costruzione di oggetti ad hoc per verificare se le cose che diciamo siano corrette o no.
Nell’altro caso, quello del plagio (io mi permetto di chiamarlo così), attraverso meccanismi puramente verbali, con parole che si legano alle parole, ma mai alla realtà, si porta una classe dove si vuole, approfittando della immaturità naturale dei bambini o degli studenti.
Non è sufficiente porre domande e lasciare relativamente liberi le risposte. Va fatto un passaggio rispetto alla realtà.
E questo non vale solo per la fisica, con buona pace degli “umanisti”, vale per qualunque campo, anche letterario. Ma questo è un altro discorso. Aggiungo solo per evitare una accusa di “riduzionismo” tipo neopositivismo logico (per chi sa oggi cosa sia stato) che il passaggio rispetto alla realtà può essere rispetto a una statistica, a una serie di documenti (nel caso storico), o rispetto al vissuto, rispetto a cose sofferte o amate (poesia, narrativa?).
Non sto quindi dicendo che tutto deve essere ridotto al metodo scientifico, ma che la metodologia usata è trasversale rispetto a tutto lo scibile. Non c’è effettiva separazione disciplinare tra materie scientifiche e materie letterarie.
Einstein suonava il violino, leggeva furiosamente, era impegnato nel sociale, Feynmann suonava il bongo ed era brillantissimo in molti campi.
.***
Ritornando al curricolo, un altro punto che è emerso nel dibattito collettivo che abbiamo fatto è stato il problema della misura. Questo problema è più importante di come sembra, per quanto riguarda le scienze (e non solo).
Con una operazione di misura io traduco il peso appeso alla bacchetta elastica (con una bilancia, che peraltro rimanda a molte altre cose ancora) e la flessione della bacchetta (con un metro di qualche tipo) in due numeri. Ogni volta che cambio il peso cambia la coppia di numeri (c’è una relazione tra le due cose). E se io osservo le coppie di numeri così generate vedo una regolarità (quello che a noi umani appare come regolarità) e questa regolarità la esprimo con una equazione matematica.
L’equazione matematica è una cosa straordinaria, veramente straordinaria.
Quando io scrivo
$$y=kx$$
ho fatto questo passo incredibile: dico che c’è una precisa relazione tra $y$ e $x$, una proporzionalità diretta, ma questo indipendentemente da cosa è $y$ e cosa è $x$. Potrebbe rappresentare la seconda legge della dinamica:
$$F=ma$$
Oppure la legge della elasticità:
$$F=-kx$$
oppure la legge oraria (fregatevene se non capite del tutto quello che sto dicendo)
$$s=vt$$
($s$ è lo spazio percorso in un tempo $t$ da un corpo di velocità $v$)
$$\vec{F}=q\vec{E}$$
dove $\vec{F}$ è la forza vettoriale che si esercita su una carica elettrica q immersa in un campo elettrico vettoriale $\vec{E}$
E’ inaudito e sorprendente: la stessa formula matematica va bene per un sacco di campi diversissimi, per moltissime relazioni che coinvolgono oggetti assai diversi fra di loro. L’equazione matematica è completamente astratta, la matematica studia le relazioni fra gli oggetti senza parlare degli oggetti.
Ed è a questo che dobbiamo arrivare.
Breve inciso sul perché ho detto che la misura è importante non solo nelle cosiddette scienze. Facciamo un esempio: un albanese stupra e uccida una giovane italiana. Un sentimento di orrore giustamente dilaga.
Ma il numero conta.
Quanti albanesi di quelli che sono in Italia stuprano giovani italiane? E quanti padani tra gli abitanti della padania stuprano giovani italiane? Come sono le percentuali comparate? E ancora; quanti albanesi in Albania si rendono colpevoli di stupri? Questo è importante perché la composizione sociale degli albanesi che emigrano in Italia probabilmente non è la stessa che in patria ecc. ecc.
Quindi l’affermazione che tutti gli albanesi sono delinquenti perché ce l’hanno nel codice genetico della razza, probabilmente va rivista…
Questo si chiama studio e ricerca nel campo della sociologia e si fa con i numeri che vengono fuori da misure effettive (e non da dati inventati lì per lì).
Questo significa anche saper affrontare la complessità del mondo con una speranza di capirci qualche cosa (prima o poi…) ed è questo che è disperatamente messo nelle indicazioni nazionali di cui stiamo trattando.
Poi si è parlato di un altro possibile argomento verticale: le trasformazioni di stato (ci si è riferiti all’acqua, anche se l’argomento è molto più generale di quello che si pensi).
Anche qua è possibile trattarlo a diverso livello, dall’infanzia fino alla scuola superiore.
Pensate: una macchia d’acqua su una superficie sparisce. Dove è andata a finire l’acqua? Magari un vetro della finestra si è appannato, e andando a vedere si scopre che l’appannamento è dovuto a minuscole goccioline d’acqua. Ma da dove è arrivata quest’acqua? Metto una pentola sul fuoco e l’acqua dopo un po’ bolle. Ovvio e quotidiano. Ma che cavolo significa che l’acqua bolle (ignorando i “praticoni” che non hanno mai aggiunto niente al benessere umano che dicono subito “ma che te ne frega’ Tu butta la pasta e mangia…” e che quando dicono questo si sentono molto astuti…)?
In realtà stiamo assistendo a un passaggio di stato tumultuoso, da liquido a gas. Poi sul vetro della finestra da gas a liquido. E se fuori va veramente freddo (Zuoz, -20°) si trasforma in ghiaccio sulla finestra.
E’ affascinante: la stessa cosa, l’acqua, si presenta in stati diversi con caratteristiche fisiche, visive, e quant’altro completamente diverse, ma è sempre e soltanto acqua.
Non so se avremo tempo di trattare questo argomento concretamente in forma laboratoriale, ma il concetto di trasformazione è una cosa importantissima.
Tutto nel mondo continuamente si trasforma e cambia. Non è solo il problema specifico dei cambiamenti di stato dell’acqua.
Se attraverso la pratica sperimentale (e riflessione teorica sempre a diversi livelli) si riesce a far comprendere il concetto di trasformazione, be’, questo credo sia un grosso successo didattico. Come affrontare la complessità del mondo (sempre le indicazioni nazionali) senza avere chiaro il concetto di trasformazione?
Tale concetto è presente anche nell’elasticità che abbiamo studiato insieme: l’applicazione di una forza a una bacchetta elastica produce una trasformazione. La bacchetta che inizialmente è fatta in un certo modo, si trasforma, diventa una bacchetta curva, grazie al peso applicato.
Ma nelle trasformazioni esistono possibilità di rappresentare simbolicamente la relazione che lega uno stato (bacchetta dritta, assenza di peso) a bacchetta curva,presenza di un certo peso. La trasformazione non è casuale, avviene con delle regolarità che posso rappresentare con relazioni simboliche. Posso predire il futuro! E senza usare tarocchi.
Quindi questo argomento delle trasformazioni di stato è un eccellente argomento da trattare in verticale (al liceo si arriva alle … trasformazioni termodinamiche).
Un’altra ricaduta laterale, nella formazione dell’individuo, è l’abitudine a pensare a un mondo che cambia continuamente, che si trasforma continuamente, ma con delle trasformazioni che non sono disordinate o casuali. A volte ci appare disordinato o casuale ciò che non abbiamo indagato, che non abbiamo capito (o che non abbiamo voluto capire). Una formazione rigida, statica ha sempre degli choc davanti al cambiamento o reagisce in modo folle, o inizia per la propria sopravvivenza di credenze e abitudini la caccia alle streghe. Calma, gente, nessun pericolo, è normale che le cose cambino, anzi è affascinante. Riuscire a comunicare questo fascino ai bambini invece che educarli alla rigidità sarebbe un grande successo didattico. E di fronte a cose nuove, l’adulto formato si incuriosisce e cerca di ricercare e di capire. Non vi venga in mente di costruire una macchina del tempo e tornare ai tempi dell’inquisizione con una macchina polaroid. Voi scattate una foto , mostrate fieri la vostra foto a colori apparire lentamente sulla carta polaroid, più precisa e fedele di un quadro e… preparatevi al rogo, luride streghe…
Infine si è anche detto che fare il curricolo verticale in questo modo non è cosa veloce. Alcune parti del programma possono rimanere quelle che sono, e altre comprendere gli argomenti verticali, di anno in anno si arricchiscono di quantità e di qualità fino a diventare un curricolo completo e corposo, tutto fondato sull’obiettivo di raggiungere ciò che è indicato nelle indicazioni nazionali.
Ma questa è questione che dovete vedervela voi, nelle varie commissioni. Se è possibile sarebbe bello averlo completo all’inizio dell’anno scolastico venturo. Ma non tutte le cose belle sono realizzabili. Evitate le chiacchiere verbali di riempitivo, o i compitini disciplinati. O una cosa è sentita, approfondita, realizzabile oppure non se ne fa niente. Ma questa è solo una mia opinione e in questo non voglio influenzarvi (almeno, non troppo…)
L’elasticità nel mondo per parlare d’altro
credenze comuni, misure di elasticità, disinganni, apparenze e altre cose ancora
Sulla costruzione di un curricolo verticale
La ricaduta nelle classi: l’elasticità con i ragazzi
La ricaduta nelle classi: Le stupefacenti trasformazioni di una molecola d’acqua
Sulla luce prima parte
Sulla luce seconda partes
In memoria del professore Franco Mura, dal cuore rosso, promotore e organizzatore di questo corso. Oh, amico mio, quante cose avremmo potuto fare ancora, insieme.