Il solito esercizio … che presenta alcuni risvolti interessanti e pone una questione generale di metodo su come trattare l’insegnamento della fisica
Affrontiamo uno dei più classici esercizi sulla conservazione dell’energia. Nel jazz si direbbe che è uno “standard”. E vediamo come lo possiamo “suonare”.
Su un piano inclinato una pallina di acciaio di massa m e dal diametro d rotola a partire da una certa altezza h. Verificare sperimentalmente il principio di conservazione dell’energia.
Si prende l’altezza h dalla quale si fa rotolare la pallina e si misura la velocità finale della pallina con due cancelli a fotocellule collegate a un’interfaccia che misura il tempo di passaggio tra i due cancelli. Sapendo la distanza fra i cancelli si effettua la misura di velocità. Si ripete almeno cinque volte le misure per avere anche un valore medio e una deviazione standard delle misure.
A questo punto si fanno i conti. Come il docente si aspetta, il principio di conservazione dell’energia apparentemente non viene rispettato. C’è una parte di energia che non risulta nell’energia cinetica finale.
Fin qui niente di speciale.
Ma ora, invece di spiegare le parti mancanti, si chiede alla classe dove è finita l’energia mancante. Sarà interessante registrare le ipotesi nella classe reale, ma quello che ci si aspetta è che quasi subito alcuni studenti dicano che c’è una parte di energia che va a finire in attrito.
Ma che tipo di attrito è? Ed è l’attrito il solo responsabile?
il cannone elettromagnetico
un problema di conservazione dell’energia
carrellini e palline
Postscriptum: e se insegnare non fosse un lavoro come un altro?
Come calcolare l’effetto dell’attrito volvente
Una critica costruttiva al lavoro di Giuseppe Milanesi e Nino Martino
Che cosa è il rigore logico in fisica?
Si fa vedere un qualche oggetto che striscia, eventualmente una lastrina o un pesetto della stessa massa m della pallina di acciaio che rotola. La pallina d’acciaio percorre una maggiore distanza prima di fermarsi. L’attrito che incontra la pallina che rotola è diverso da quello di un un corpo della stessa massa che striscia (l’invenzione della ruota?). Si dà la formula dell’attrito volvente
$$F_{v} =\mu_v\frac{N}{R}$$
Dove $\mu_v$ è il coefficiente di attrito volvente, $N$ la forza normale al piano e $R$ il raggio di curvatura del corpo che rotola. Questa espressione è valida per un corpo rotante cilindrico o sferico. Per alcuni dettagli sull’attrito volvente consultare l’approfondimento (Come calcolare l’effetto dell’attrito volvente).
Rimane un problema: determinare il coefficiente dell’attrito volvente. O si ricorre alle tabelle esistenti un po’ dappertutto che danno i coefficienti di attrito volvente fra le varie superfici (nel nostro caso particolare il piano inclinato è di legno e la pallina di acciaio) oppure si fa un esperimento e si va a controllare il risultato con le tabelline. Dal nostro punto di vista sarebbe meglio il secondo caso ma sorgerebbe un problema metodologico che cercheremo di mostrare qui di seguito.
Si pone la guida di legno in piano, si pongono i gate questa volta all’inizio della guida rispetto al moto, si dà una qualche spinta alla pallina di acciaio. Si misura la velocità iniziale della pallina e si va a misurare la distanza alla quale la pallina si ferma.
Il principio di conservazione dell’energia ci permette di calcolare il coefficiente di attrito volvente:
$$\Delta E_p=\Delta K_{cdm}+\Delta K_r+L_a$$
La differenza di energia potenziale sarà uguale alla differenza di energia cinetica del centro di massa ($K_{cdm}$) più la differenza di energia cinetica rotazionale ($Kr$) più il lavoro fatto dalla forza di attrito ($L_a$).
In realtà si vede che per determinare correttamente il coefficiente di attrito bisognerebbe introdurre in questo punto l’energia rotazionale della pallina, il che non è nostro desiderio. Noi vogliamo che gli studenti applichino il principio di conservazione dell’energia alla pallina che rotola sul piano inclinato con la sola energia cinetica, energia potenziale gravitazionale e lavoro della forza di attrito e che scoprano la necessità di introdurre un altro termine, ovvero l’energia rotazionale della pallina.
Quindi preferiamo la prima strada, si va a cercare nelle tabelle il coefficiente di attrito volvente acciaio-legno (oppure, meglio, con un esperimento, in assenza di studenti, calcoliamo precedentemente il coefficiente di attrito volvente tra quella pallina e quella guida di legno) (le tabelle sono generali, ma se vogliamo essere precisi in quello che vogliamo far misurare agli studenti ci interessa il coefficiente di attrito nelle nostre condizioni, con la nostra pallina con il suo tipo di acciao con questo particolare legno del piano ecc. altrimenti potremmo avere deviazioni da quello che ci aspettiamo semplicemente perché stiamo applicando un coefficiente di attrito leggermente diverso dal nostro reale).
Ora ripetiamo l’esperimento della pallina di acciaio che rotola sul piano inclinato (almeno cinque misure di velocità). Facendo i calcoli troveremo che c’è ancora un pezzo di energia mancante.
Invece di dire loro qual è il pezzo mancante chiediamo loro che cosa non stiamo ancora considerando, quale può essere il pezzo di energia mancante.
Nella classe reale vedremo cosa succede. In ogni caso, sia che immaginino un’energia di rotazione, sia che non riescano a intuire il pezzo mancante, si procede con un’esperienza che mostra l’energia di rotazione.
Vi sono molti modi per fare ciò. Dipende dalla piega che prende la discussione nella classe reale e dalle domande e dalle ipotesi che gli studenti faranno.
Possiamo qui ipotizzarne almeno una.
Si prende una ruota da bicicletta, si pone un gate con fotocellula e il sensore opportuno in modo da poter misurare la velocità di rotazione della ruota. Se c’è una dinamo attaccata alla ruota, si vede che la rotazione della ruota accende una lampadina. Ma la lampadina si accende consumando energia, quindi l’energia viene dalla ruota, quindi esiste una energia che non è solo quella cinetica di traslazione, ma anche una energia rotazionale dovuta al movimento rotatorio della ruota.
A seconda del livello della classe e del background matematico degli studenti si può calcolare il momento di inerzia di un disco rigido e quindi l’energia rotazionale di un disco rigido che ruota con determinata velocità angolare. Da qui si può calcolare l’energia rotazionale di una sfera massiva e applicare il risultato alla nostra pallina metallica.
Aggiungendo il nuovo termine alle nostre misure precedenti il principio di conservazione dell’energia dovrebbe tornare, all’interno degli errori sperimentali (che gli studenti dovrebbero essere in grado di determinare – un’occasione per concretizzare la teoria degli errori, altrimenti generalmente incomprensibile e poco insegnata).
Qui di seguito riportiamo il calcolo del momento di inerzia di un disco rigido, del momento di inerzia di una sfera rigida e dell’energia rotazionale.
Torniamo a precisare che questa è solo una traccia possibile, un mostrare un modo insegnare la fisica con il laboratorio. La classe reale di volta in volta sarà diversa, presenterà background diversi, farà domande diverse (ma generalmente raggruppabili in un minimo di previsione, con l’esperienza). Riteniamo, in base all’esperienza, che l’obiezione del tempo necessario a procedere in questo modo non sia corretta. Dipende da cosa si vuole ottenere dalla vita. Se vogliamo che gli studenti siano formati in uno spirito scientifico, che sappiano affrontare nuovi problemi e nuovi fenomeni, che sappiano risolvere con intuizione (anche l’intuizione deve essere allenata e formata) problemi nuovi e esercizi, non crediamo ci sia altra strada. E gli studenti non si dimenticheranno facilmente quello che hanno appreso. Quelli che non proseguiranno negli studi scientifici si ricorderanno del metodo, avranno un atteggiamento scientifico quando è richiesto, sapranno cosa sono i concetti fondamentali della fisica (almeno a un certo livello). Quelli che proseguiranno gli studi scientifici avranno concetti base solidi e acquisiti. Le formule a memoria, esercizi risolti meccanicamente, non comprensione effettiva di cosa è la fisica non hanno mai aiutato nessuno nella prosecuzione degli studi scientifici.
Calcolo del coefficiente di attrito volvente nel nostro caso specifico.
Per il calcolo del coefficiente di attrito volvente tra la pallina di acciaio e la nostra guida di legno, ci avvaliamo del principio di conservazione dell’energia.
Descriviamo qui come ottenere il momento di inerzia di una sfera rispetto un suo asse, utile anche come applicazione relativamente semplice del calcolo integrale a un problema di fisica.
Il momento di inerzia di un disco di massa $m$, raggio $R$ e spessore trascurabile rispetto al suo asse è dato naturalmente da
$$I_a =mR^2$$
Il momento di un disco omogeneo di massa $m$ e raggio $R$ e spessore trascurabile rispetto al suo asse sarà attenuto sommando quello di tanti anelli di raggio crescente. La densità superficiale di massa sarà data da
$$\sigma=\frac{m}{\pi R^2}$$
e ogni singolo piccolo anello avrà massa
$$dm_r=\sigma 2\pi r dr=\frac{m}{\pi R^2} 2\pi r dr =\frac{2m}{R^2}r dr$$
Perciò
$$I_d =\int_0^R dm_r r^2 =\frac{2m}{R^2} \int_0^R r^3 dr =\frac{mR}{2}$$
Analogamente, il momento di inerzia di una sfera omogenea si ottiene sommando quelli di dischi di spessore infinitesimo.
In questa caso la densità sarà data da
$$\rho=\frac{m}{\frac{4}{3}\pi R^3}$$
e la massa di ogni singolo disco posto ad una quota z dall’equatore sarà data da
$$dm_z =\rho \pi r^2 dz = \frac{3m}{4R^3}\left(R^2-z^2\right)dz$$
dove abbiamo usato la relazione $r^2+z^2=R^2$. Possiamo perciò scrivere
$$I_s = \int_{-R}^R \frac{dm_zr^2}{2}=\frac{3m}{8R^3}\int_{-R}^R\left(R^2-z^2\right)^2dz=\frac{2}{5}mR^2$$
Il principio di conservazione dell’energia si scrive quindi
$$mgh=\frac{1}{2}mv^2+\frac{1}{2}I_s\omega^2+\frac{\mu_v Nd}{R}$$
Naturalmente l’altezza $h$ e la distanza percorsa $d$ saranno collegati da
$$d\sin \theta = h$$
dove $\theta$ è l’angolo di inclinazione del piano su cui la pallina rotola. Mentre $\omega$ e $v$ sono collegati da
$$\omega R = v$$
e naturalmente
$$N = mg \cos \theta$$
Avremo perciò
$$mgd\sin \theta =\frac{1}{2}mv^2+\frac{1}{5}mv^2+\frac{\mu mg\cos\theta d}{R}$$
da cui si vede che la massa della pallina non entra nel calcolo. Derivando questa relazione si può ottenere ad esempio l’accelerazione della pallina
$$a =\frac{5}{7}g\left(\sin\theta-\frac{\mu_v\cos\theta}{R}\right)$$
Nel caso di strisciamento si avrebbe naturalmente
$$a=g\sin\theta$$
Il fattore $\frac{5}{7}$ è quindi dovuto alla rotazione della pallina, mentre il secondo termine è naturalmente dovuto alla presenza dell’attrito volvente.
Sottolineamo ancora che l’accelerazione della pallina non dipende dalla sua massa ma soltanto dall’inclinazione del piano e dal coefficiente di attrito, un’osservazione che tornerà utile in futuro ( vedi: la preparazione di un corso di fisica basato sulla sperimentazione – carrellini e palline, riportato anche qui di lato)
Per determinare $\mu_v$ possiamo quindi misurare $v$, $d$, $R$ e $\theta$ e ottenere
$$\mu_v=\frac{gd\sin\theta-\frac{7}{10}v}{\frac{gd\cos\theta}{R}}$$
Giuseppe Milanesi e Nino Martino
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