Dina Lentini
Quando l’anomalia è la vita stessa. Tra fantascienza, giallo, romanzo esistenziale e molto altro. La vita è sogno, si dice
Recensione di Dina lentini al romanzo “L’anomalia”, di Heré Le Tellier, La nave di teseo, 2021. Titolo originale Hervé Le Tellier, L’anomalie, Gallimard 2020, Prix Goncourt 2020
“…penso, quindi sono sicuramente un programma..”
Marzo 2021. Il volo AF006 Paris- New York si trova ormai sull’area meridionale della Nuova Scozia e ha già impegnato la manovra di discesa verso l’aeroporto d’arrivo quando viene raggiunto da un fenomeno di eccezionale turbolenza. Il Boeing è inghiottito da un fronte nuvoloso impenetrabile, un gigantesco cumulonembo che si estende da nord a sud in arco di cerchio per centinaia di chilometri. Per i 243 passeggeri sono momenti di panico e anche all’interno della cabina di pilotaggio la tensione è altissima. Il comandante David Markle, nonostante la sua lunga esperienza, non ha mai affrontato un’emergenza del genere. Ha lanciato il suo mayday, ma da terra non possono aiutarlo perché le condizioni avverse hanno coinvolto anche altri possibili approdi. Poi, all’improvviso, quando tutti temono il peggio, l’aereo si trova alle spalle l’enorme muraglia di acqua e ghiaccio, recupera stabilità e può iniziare la manovra di atterraggio. Ma dalla base non riescono a identificarlo e il comandante, per la prima volta da quando naviga, si trova di fronte alla richiesta incalzante di fornire e ancora ripetere le proprie generalità.
Inizia così, con una violenta turbolenza aerea, la vicenda paradossale che nel giro di pochi mesi porta il comandante Markle e i suoi passeggeri, ma alla fine tutto il mondo, a vivere una situazione di sdoppiamento e di messa in discussione del concetto stesso di esistenza. Tra marzo e giugno la nebbia che aveva rischiato di far precipitare l’aereo si è rivelata un’anomalia spaziotemporale con conseguenze inimmaginabili per le vite, e la morte, delle persone che hanno fatto quel viaggio. E che sono destinate a ripeterlo. I passeggeri del volo di marzo e di quello di giugno sono esattamente gli stessi, ma conducono due esistenze separate: sono diventate dei duplicati, con le stesse caratteristiche genetiche, la stessa personalità, gli stessi ricordi.
Ai tentativi di spiegazione, e di soluzione, rispondono tutti i rappresentanti della conoscenza nelle sue varie forme espresse dalla tradizione e dalla modernità: scienziati, filosofi, psicologi, teologi, politici, artisti. Si recuperano piani d’emergenza e vecchi protocolli, si comparano ipotesi. Tra queste, quella più convincente è l’ipotesi estrema della simulazione. L’anomalia potrebbe essere un test nell’ambito di una più generale simulazione informatica. Se così fosse, la realtà fisica e umana perderebbe la consistenza di fenomeno oggettivo, il vivente sarebbe del tutto spersonalizzato e ridotto a essere virtuale. Quelle che crediamo vite individuali con la propria storia specifica e irripetibile potrebbero essere semplicemente programmi sofisticati. Eppure, potrebbe esserci anche di peggio.
Hervé Le Tellier ha sviluppato il suo romanzo con una logica ferrea, restando sempre fedele alla condizione a priori stabilita in partenza. Da vero oulipien1, lo scrittore e giornalista scientifico ha seguito l’assunto di base e lo ha svolto fino alle estreme conseguenze delineando una storia complessa e ad alta tensione. Padrone assoluto della tecnica narrativa e dei vari registri linguistici, l’autore affascina per la scrittura densa di riferimenti culturali, sociologici e psicologici, ma anche per la capacità di interconnettere e rendere verosimili situazioni paradossali. In questo romanzo, che contiene la suspence del giallo e l’inventiva del modello fantastico e fantascientifico, ci si interroga sul senso di vita e di esistenza attraverso la descrizione di eventi drammatici, grotteschi e comici, di situazioni deliranti, di momenti di grande tenerezza e poesia.
Il punto di partenza potrebbe essere sintetizzato nel quesito-problema da svolgere: cosa succederebbe se l’umanità scoprisse una sua natura puramente virtuale? Le Tellier non si limita a esaminare le reazioni più ovvie, dal negazionismo al misticismo, dal cinismo individuale o collettivo alla disperazione o all’abbandono fatalista al piacere del momento. Quello che viene messo a nudo è il cuore del sistema, della modalità con la quale, nelle differenze alla fine poco significative, sono stati realizzati i vari modelli di civiltà terrestre. Emerge certamente la fragilità dei grandi sistemi di sicurezza e delle reti interconnesse, degli apparati gestionali e di comunicazione che sono alla base della sopravvivenza delle società opulente. Così pure è evidente, nascosta dietro le pieghe formali della diplomazia, la realtà, pronta a degenerare, della guerra fredda fra gli stati del pianeta. In questo scenario anche la sovrastruttura culturale non può fornire consolazione ed è destinata a impantanarsi nelle sue debolezze. L’appello alla razionalità appare sempre più logoro. E risulta fallimentare il ricorso alla cartesiana certezza che consentiva l’uscita dal dubbio iperbolico attraverso il riconoscimento della propria natura di essere pensante: in questo caso è il contrario perché proprio la funzione del pensare nelle sue modalità più complesse e decisioniste, così come tutta l’area delle sensazioni sembrano autorizzare come più verosimile l’ipotesi di un’esistenza virtuale. Penso, quindi sono un programma.
La scoperta della propria natura meccanica, programmabile e duplicabile getta l’umanità in una vertigine di dispersione, frantumazione, disincanto. Come possono reagire milioni di esseri virtuali lanciati alla ricerca di un senso in un mondo sempre più effimero? Prevale il punto di vista soggettivo, la capacità o meno di accettare o ricostruire la propria storia e di confrontarsi col proprio doppio.
I personaggi del romanzo forniscono alcuni esempi di reazione di fronte all’inaccettabile. Ci sono risposte coerenti con quella che è stata la vita precedente, altre che sembrano appartenere a persone completamente diverse. D’altra parte, può esserci una regola da seguire quando ci si trova a fronteggiare il proprio doppio? Può prevalere l’aggressività più animalesca e si può decidere di eliminarlo, perché non c’è posto se non per se stessi. O, con una spinta intellettuale, incontrarlo e conviverci al fine di capire meglio se stessi e crescere insieme. Ci sarà chi, mosso da un’emotività di sapore narcisistico, vedrà nell’altro una possibilità di tenerezza e di comprensione che, in passato gli altri non hanno saputo o voluto offrirgli. Ci sarà chi deciderà di scappare da quella presenza inquietante, protetto da un’altra identità garantitagli dai servizi di sicurezza. E ci sarà chi, pagando un alto prezzo personale, offrirà al suo doppio una chance di felicità per sé ormai impossibile da raggiungere.
I diversi destini, i milioni di punti di vista soggettivi seguono il loro corso. Ognuno fa i conti col proprio doppio. C’è Blake, il serial killer che ha sviluppato una professionalità che cresce a ritmi sempre più alti di fronte alle nuove situazioni e gli consente di sopravvivere infilandosi tra le pieghe nascoste dell’esistenza. C’è Lucie, brillante addetta al montaggio filmico, ricercata dai migliori registi, dalla vita sentimentale difficile. Il comandante Markle, destinato a vivere due volte la stessa tragedia. La piccola Sophie, che scopre nel suo doppio la forza di capire ed esprimere quanto le è successo in passato. Slimboy, il rapper africano, troverà finalmente, accanto al suo doppio, la libertà che gli è sempre stata negata. E accanto a loro, molti altri, più o meno fortunati nel reimpasto delle esistenze generato dall’anomalia. C’è soprattutto Victor Miesel, lo scrittore autore de L’anomalie, il romanzo così profetico destinato a travolgere il suo stesso autore. Per Victor l’esperienza vissuta sarà fonte di rigenerazione e di rinnovata vitalità nella consapevolezza della necessità di lasciarsi andare a quella che, virtuale o meno, è comunque l’unica forma di esistenza possibile. E se in essa c’è una possibilità di benessere occorre approfittarne.
L’amore è tema largamente declinato, nel romanzo, in tutte le sue forme. Dall’amore classico, inteso come raptus fatale e distruttivo, a quello coniugale, consolante finché non implode. Dall’amore intellettualistico a quello ridotto a semplice consumo fisico. Dalle varie forme di amore tossico a quello capace di condivisione, complicità e tenerezza. E tutt’intorno continua a vorticare il mondo dell’apparenza, la società post industriale, post consumistica, post realistica. Da qui il senso di comicità tragica. Da qui lo stesso rigurgito di vitalità del personaggio emblematico, Victor Miesel: perché non importa cosa sia il vivente in sé, l’istinto primordiale ci dice che persino la forma di vita coincidente con la realtà virtuale è preferibile all’annullamento.
1Da Oulipo (Ouvroir de littérature potentielle), il celebre gruppo nato in Francia nel 1960 che sostiene il trasferimento in ambito letterario della formalizzazione matematica e del gioco come garanzia di maggiore creatività e libertà dell’artista rispetto all’ispirazione spontanea. Nell’area italiana il più noto scrittore aderente all’Oulipo è stato Italo Calvino.
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