recensione di Dina Lentini
“eravamo rigorosi, romantici e poveri”.
La narrazione per mezzo della scrittura è come un sogno.
(Guido Pegna, La strada per Nebida, edizioni effequ, 2011, in vendita nelle librerie)
“La strada per Nebida” è un romanzo costituito da frammenti, intermezzi, racconti che si intrecciano riprendendo o interrompendo la continuità delle vicende e delle vite narrate: con questa struttura le varie parti del romanzo, lungi dall’ essere semplci episodi, finiscono per assumere vita autonoma e possono anche essere lette indipendentemente l’una dall’altra. Oppure si può scegliere di seguire l’evoluzione delle storie, rintracciandone il filo conduttore. Entrambi gli approcci conducono ad una lettura avvincente e godibile.
Se si sceglie il secondo livello, quello che in fondo è più naturale e fa dell’opera un romanzo, ci si accorge subito che il tema di fondo è la curiosità come cifra esistenziale: una curiosità spinta all’estremo, che diventa vocazione, che insegue l’oggetto della conoscenza favorendone la dilatazione: dall’oggetto fisico a quello pensato, desiderato, sognato e, soprattutto, parlato, narrato.
La cifra del libro è nello slancio emotivo con cui il protagonista affronta la realtà e il suo desiderio di conoscenza e costruzione di una realtà dotata di senso, vera, verosimile, immaginata. In questo senso il protagonista, Diego, segue il suo percorso di formazione lavorando sul doppio binario dell’esperienza e dei propri fantasmi.
Come un eroe classico, in una sorta di rivisitazione contemporanea della tradizione platonica, si lascia alle spalle i luoghi comuni della conoscenza fallace, apprende non solo che non c’è logos senza eros, ma che nel mito e nel sogno si disvelano frammenti di verità.
Come eroe moderno, ha messo da parte i logori modelli accademici di un idealismo o realismo non più spendibili per dare senso né alla propria storia personale, né a quella collettiva: meglio orientarsi verso altre forme di indagine, coerenti con un’idea più complessa e articolata della razionalità e della ricerca scientifica. Lo scacco e il disincanto non hanno minato la sua genuina tensione verso la sperimentazione e l’interpretazione, anzi hanno affinato la capacità di ironia e autoironia, la disponibilità ad accettare la propria sensibilità.
Del resto, il disincanto di Diego si sviluppa in una accezione anomala del termine, finendo per assumere una connotazione positiva. E’ un disincanto in chiave attiva, che si alimenta del ricordo, della rinnovata capacità di emozionarsi, di guardare alle vicende degli altri con tenerezza, come a fatti che avrebbero potuto capitare a se stesso o potrebbero, in futuro, capitare con modalità più o meno simili. Non solo gli amici, con i quali il rapporto di condivisione è forte, ma i personaggi incontrati per caso, di cui si raccontano le storie, sono di fatto al tempo stesso aperture verso l’esterno e modi di incontrare il proprio io costruendo altre immagini possibili di sé. Si tratta di soggetti che percorrono la vita con entusiasmo o rassegnazione, che finiscono per compiere scelte di non ritorno, gesti estremi che indicano l’insopportabilità di una condizione rigida, codificata, recitata. A volte basta poco a mandare in pezzi anche il minuscolo spazio vitale che ci si era ritagliati tra le pieghe della quotidianità e l’individuo, come colto da pirandelliana folgorazione, si scrolla di dosso la maschera che il dovere sociale gli ha imposto restando nudo con se stesso. Anche ridotti a relitti umani, questi uomini, che pagano un prezzo altissimo per le loro scelte, mantengono una loro morale e una dignità che nasce dal coraggio: suscitano pietà, ma anche ammirazione e invidia.
Diego è giovane, nonostante lo scorrere del tempo. Da un lato è giovane davvero, così come appare in quello spazio temporale magico fra la fine degli studi e l’inizio dell’attività lavorativa: l’ingenuità, la tensione morale, la convinzione esaltante di sperimentare forme e tendenze d’avanguardia, la dimensione estetica, tutto ha il sapore inebriante della scoperta della percorribilità dei tanti possibili modi di esplorare il mondo. La musica, la fotografia, l’esperimento, l’arte, il viaggio, il mare, da soli, in un gruppo ristretto e complice, con o senza maestri: sono tutti strumenti di ampliamento dei propri sensi, di esercizio, di allargamento della visione. Il grande appartamento sopra il cornicione è tra le immagini più forti del romanzo, quella che riassume l’idea di vita come sperimentazione continua e come autoformazione. In questo senso Diego resta comunque giovane, essendo la costruzione della personalità un processo non lineare e non concluso.
Diego mantiene e coltiva la sua natura romantica. In viaggio, verso l’amore o l’idea dell’amore. Come un personaggio kierkegaardiano, ondeggia tra senso del dovere e slancio etico, regola e piacere, rivendica la propria singolarità cercando, in solitudine, una cifra dell’esistenza. Il gioco si sviluppa su due fronti, il grande e il piccolo, l’io e gli altri, la fisicità e l’immaginazione.
L’isola, emblematicamente, è il suo mondo. La piccola isola, l’amata Carloforte, che tanta parte ha nella vita dell’autore, è, nel romanzo, per Diego, uno dei primissimi banchi di prova di tutte le ambiguità e di tutte le speranze. Qui è descritta nella sua natura di rifugio, luogo di arrivo e di partenza, di straniamento. Ma anche, per chi ne conosce la realtà storica e sociale, nella sua natura di isola non sarda.
In un mondo di confronti e di visioni gli oggetti appaiono e scompaiono. Alcuni li riconoscono, altri passano senza vedere. Le situazioni si fanno grottesche, provocano amarezza ma anche compassione.
In questa variabilità di toni che passa da un registro dissacrante a una dimensione più leggera, ironica e insieme animata da pietas sta in gran parte la godibilità del libro. Ma forse l’aspetto più accattivante di questo romanzo è nella capacità di suscitare un senso di riconoscimento: non si può non provare tenerezza per quel sapore particolare che ebbe la gioventù per gli uomini e le donne di una generazione ormai invecchiata e non ancora doma, capace di narrare e con ciò far vivere i propri sogni.
questo romanzo ha vinto il primo premio al Premio Letterario Nazionale “Scriviamo Insieme” Seconda edizione nella sezione “libro edito”. Riportiamo qui di seguito la motivazione della giuria, facendo i complimenti all’autore nonché nostro colloboratore…
1° classificato:GUIDO PEGNA “La strada per Nèbida” 2011 Effequ
Questo romanzo ha una sua specifica e intelligente caratteristica: ogni frammento del quale esso è composto infatti, può essere letto come una breve storia a sé stante, oppure, al contrario, può essere utilizzato come la tessera di un mosaico che una volta ricomposto ci svela il sottile e gradevole filo conduttore. Qualunque sia la scelta, ne risulta una lettura vivace, godibile, pervasa dalla positiva percezione del mondo circostante.
Se si sceglie di leggere “la strada per Nebida” come un romanzo, ogni pagina offre un evidente senso di attenzione, di curiosità, di voglia di conoscere e sperimentare; si apprezza la vocazione alla conoscenza delle mutevoli sensazioni che la realtà può offrire, la ricerca disincantata di nuove interpretazione di essa, la capacità di emozionarsi, di guardare alle vicende degli altri con tenerezza, che siano essi gli amici o le persone incontrate per caso, come occasioni per lanciare lo sguardo verso l’esterno e costruire mutevoli immagini di sé, con entusiasmo, coraggio e desiderio di esporsi alle scelte.
Ogni elemento del romanzo ha il sapore inebriante della scoperta dei tanti possibili modi di esplorare il mondo: la musica, la fotografia, l’esperimento, l’arte, il viaggio, il mare: sono tutti strumenti di ampliamento dei propri sensi, di esercizio, di allargamento della personale visione della realtà. E’ in questa variabilità proposta sempre in modo leggero e ironico che sta in gran parte la godibilità del libro, capace di suscitare un senso di auto identificazione: non si può non provare nostalgia per quel sapore particolare che solo la gioventù possiede e che se ancora viva nell’animo di chi giovane non è più, è capace di far percepire ancora vivi i propri sogni.
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