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Nino Martino

Nino Martino

l’arte nuoce alla stupidità. Miss-tick sui muri di Parigi

Che cos’è l’elasticità e come misurarla. Brogliaccio di un lavoro collettivo di un corso di formazione sull’educazione scientifica tenutosi a Ilbono (Sardegna), nell’ambito del progetto della Regione Sarda “Laboratorio Itinerante”

Questo scritto serve per fissare le idee su quello che abbiamo fatto a Ilbono, per quanto riguarda l’educazione scientifica.
La prima osservazione è che, all’interno del metodo che abbiamo usato, non potevo scrivere questa dispensa prima di vedervi e di lavorare con voi. Non potevo sapere la piega che avrebbero preso gli esperimenti, quello che avreste detto, domandato, fatto. Sapevo grosso modo che forse avrei ricavato insieme con voi la legge dell’elasticità, ma, per esempio, non avevo mai fatto un esperimento prima di voi con delle canne palustri, per di più di Tortolì.

Come si sarebbero comportate le canne? Come vi sareste comportati voi? Ed io?
Questo è uno dei motivi per cui probabilmente non scriverò mai un libro di testo. I libri di testo sono già di per sé e per definizione “chiusi”, danno già le risposte, i metodi, le cose da fare e come farle.
Piuttosto si possono scrivere pezzi come questo, e fare un assemblaggio di pezzi come questo, fatti con insegnanti o con le classi reali.
La seconda osservazione è la sorpresa e la curiosità. Molti di voi, lo hanno confessato, sono venuti nel mio gruppo di lavoro perché mi hanno visto arrivare con due lunghe canne palustri.

Sono oggetti assai comuni dalle nostre parti, ma che cosa avrei mai combinato con due canne?
La stessa cosa vale per gli studenti. Non è necessario e a volte controproducente mostrare cose standard o strumenti già belli e costruiti, luccicanti e complicati. Si da in questo modo della fisica e della scienza in genere una visione errata, qualche cosa di esterno alla nostra vita, inventata da uomini (e donne) in camice bianco che fanno tante belle cose assolutamente estranee alla nostra vita di tutti i giorni.

Questo non esclude di poter utilizzare strumenti avanzatissimi come il computer on-line (se ci sono) per poter fare cose più precise e a volte impossibili con altri mezzi. Ma anche in questo caso forse è utile partire da esigenze quotidiane, da cose che succedono nella vita “normale”. Che le canne siano elastiche in qualche modo è noto a tutti, che le canne si piegano al vento ma non si rompono è altrettanto noto e ha molte riminiscenze e risonanze letterarie e culturali (Grazia Deledda?). Ma noi passeremo a “quantificare” quanto le canne siano elastiche.
La terza osservazione è la metodologia usata. Non si tratta qui di far vedere come funzionano le cose, oppure di darvi un foglio con sopra scritto come e cosa fare e quali misure e magari con grafici prestampati da riempire opportunamente. Si tratta di osservare un fenomeno e insieme cercare di capire come diavolo possiamo fare per esprimerlo in modo quantitativo. Questo significa per esempio che grosso modo so dove io voglio arrivare, ma non so se la piega che prenderanno gli avvenimenti andrà proprio nella direzione che immagino. Magari andremo a fare, secondo le domande e le osservazioni e le ipotesi, esperimenti anche molto lontani da quello che mi ero prefisso di fare.
Abbiamo osservato il fenomeno: se io applicavo una certa forza con la mano all’estremità della canna questa si piegava fino a un certo punto (e solo fino a un certo punto), se io lasciavo andare la mano la canna ritornava nella sua posizione originaria. Se io uso una canna da pesca sento quando il pesce abbocca ecc.
Ora che facciamo? Il fenomeno è bello che osservato. La cosa finirebbe lì se non avessi l’esigenza di costruire io delle canne (magari da pesca, magari con una determinata elasticità), oppure di costruire degli oggetti che sfruttano le proprietà studiate (l’elasticità) anche se non ci sono canne in mezzo. Per esempio un grattacielo che deve resistere al vento (avete mai pensato che un grattacielo rigido si romperebbe immediatamente? deve avere la sua elasticità a mo’ di canna per resistere al vento… e infatti i grattacieli oscillano nel vento, anche se non molto, evidentemente…).
Perché costruire oggetti che non esistono in natura? perché sono fondamentalmente pigro e voglio risparmiare fatica e salute (altrimenti sarei ancora nelle caverne, con tutta l’umidità e l’artrosi conseguente…).
Allora devo fare un processo un po’ misterioso: devo tradurre tutto in numeri e poi legare i numeri con delle equazioni che mi permettono di fare delle previsioni. E le previsioni mi permettono di costruire degli oggetti che si comportano come avevo previsto si comportassero (altrimenti è un guaio: a volte i ponti cadono ecc.)
Devo stabilire delle grandezze fisiche, cioè separare la realtà in tanti pezzi separati e vedere come questi pezzi separati interagiscono tra di loro. Come un bambino che rompe il giocattolo perché vuole capire come funziona. Se proibite a un bambino di rompere il giocattolo, di smontare la macchina nei vari pezzettini, ne farete un utile idiota, incapace di capire il funzionamento delle cose in generale (perché utile? Vabbe’ lasciamo perdere, è tutta un’altra storia…).
Quello che osserviamo è che la canna si piega sotto l’azione di una certa forza. La forza potrebbe essere costituita da un peso appeso alla canna e la canna, avete detto, va fissata, in qualche modo.
Allora abbiamo fissato la canna al tavolo, con del nastro adesivo. Come fissiamo il peso? Con un filo. Adesso scriviamo tutte le variabili possibili del fenomeno, in modo da capire che diavolo dobbiamo fare o misurare. ne avete tirate fuori molte che abbiamo scritto sulla lavagna. Io procedo a memoria ma voi potete aggiungere le altre dai vostri appunti e magari mandarmi un e-mail con le correzioni, in modo che questo documento sia il più possibile fedele a quello che abbiamo fatto.
Le variabili possibili sono:
● lunghezza della canna
● peso appeso
● lunghezza del filo
● dimensioni della canna
● materiale della canna
● punto di applicazione del peso
● di quanto si piega la canna verso il basso
Di quanto si piega la canna verso il basso genera subito un problema. Come misurare di quanto si piega? Avete proposto una ragionevole misura “indiretta”, se io punto la canna sul muro senza pesetti e poi ci appendo un peso, la canna si piega e sul muro posso leggere di quanto si è abbassata la punta. Questo a sua volta ha generato un problema di lettura: la canna piegandosi si discosta dal muro, allora dopo un po’ di discussione abbiamo convenuto di misurare la variazione sul muro “proiettando” perpendicolarmente al muro la posizione della punta della canna. Ulteriore problema di lettura: è stato subito evidente che persone diverse misuravano una lunghezza (sulla parete) leggermente differente. Qual è la misura vera?
In fisica, in scienze, si scopre rapidamente, se lo fate scoprire, che non esistono “misure vere”, ma solo misure più o meno probabili, misure più o meno vicine a quello che è la realtà…
Abbiamo convenuto di fare una media di varie letture di varie persone (in effetti mi sembra di ricordare che poi l’ansia della misura ci ha fatto dimenticare questo e che una sola persona prendeva tutte le misure, Avendo più tempo conviene fare come abbiamo detto: più persone prendono la misura e poi si fa la media…)
Ma la lunghezza del filo è una variabile? Abbiamo discusso a parole. L’ipotesi avanzata da qualcuno era che se il filo è corto il peso influenza di più perché è più vicino alla canna e quindi la canna si piega di più. Altri senza fornire peraltro una buona spiegazione (abbiamo visto poi che è molto complicato dare una spiegazione ragionevole…) si ostinavano a dire che la lunghezza del filo non conta affatto. Abbiamo fatto una votazione e la maggioranza era per l’importanza della lunghezza del filo.
ma come si fa a decidere se una cosa è giusta o no? se una ipotesi è giusta o no? Con la discussione a tavolino? A colpi di maggioranza?Ehm, un modo ci sarebbe: e se noi guardassimo cosa succede? Se cioè facciamo un esperimento?
Osservate la cosa interessante: noi dobbiamo vedere l’influenza del peso sul piegamento della canna e adesso siamo portati a fare un altro tipo di esperimento: la lunghezza del filo è importante o no?
Prendo due lunghezze diverse del filo e vado a vedere se a parità di peso il piegamento è lo stesso o no.
Inizialmente abbiamo variato di poco la lunghezza del filo e siamo andati a vedere e abbiamo constato una certa differenza. Giubilo della maggioranza e gli uscieri debbono intervenire per sedare i tumulti in aula… Ma poi si è visto (mi sembra di ricordare…) che dipendeva dal fatto che arrotolando il filo sulla canna era variato il punto di applicazione del peso. Il punto di applicazione del peso è effettivamente una variabile. Abbiamo fatto un’altra diversione e abbiamo sperimentato grossolanamente (senza misure) che se applicavo il peso in un punto diverso la canna si piegava diversamente. Più precisamente se io applicavo il peso più verso il punto di appoggio della canna al tavolo la canna si piegava di meno.
Abbiamo rifatto la misura facendo attenzione a dove era applicato il peso, abbiamo mantenuto costante il punto di applicazione del peso. E abbiamo variato alla grande: abbiamo fatto con una lunghezza del filo e poi con circa la metà di quella lunghezza.
Abbiamo misurato accortamente sulla parete: non c’erano variazioni apprezzabili a vista.
Abbiamo concluso che la lunghezza del filo non c’entra con il fenomeno da studiare e che la maggioranza aveva avuto torto…
Ma esistono ancora delle possibili variabili:
● lunghezza della canna
● materiale della canna
● dimensioni della canna
In realtà io avevo giustappunto portato due canne da Tortolì. A vista si vede che se le canne sono diverse si piegano in maniera diversa. Ma questo torna anche con tutta la nostra esperienza: oggetti diversi si piegano in maniera differente.
E allora? O contempliamo la multiforme diversità (e complessità) della vita oppure facciamo l’esperimento su “una” canna. Se riusciamo a tirarci fuori una qualche regolarità di comportamento forse poi riusciamo a identificare, anche questa volta con un numero, la “diversità” delle canne, o degli oggetti. Discorso che sarà più chiaro in seguito, sperimentalmente.
Se prendiamo la stessa canna per fare gli esperimenti tengo costanti le possibili variabili (e che effettivamente influenzano il fenomeno: la lunghezza, le dimensioni, il materiale ecc.) e poi vediamo come potremo comportarci…
Siamo passati quindi a fare l’esperimento variando il peso applicato e andando a misurare sulla parete di quanto si era piegata la canna.
Ovviamente per variare il peso abbiamo appeso dei piombi da pesca che recavano la scritta 50 gr (attenzione, non credeteci, in realtà bisognerebbe misurarli, in genere c’è una variabilità di qualche grammo, ma ai nostri fini inizialmente grossolani, non interessa..). E poiché la specie umana ama la regolarità abbiamo prima appeso un peso, poi due, poi tre, fino a cinque. Il fatto che la lunghezza del filo non influenzasse la misura ci ha permesso di appiccicare i pesi con un certo agio, senza troppi problemi.
I dati li avete voi, e non posso che fare delle considerazioni. Innanzitutto c’era una regolarità nell’abbassamento della canna. Entro gli errori sperimentali raddoppiare il peso significava raddoppiare l’abbassamento. Ma tra quattro e cinque pesi si era verificata una non regolarità: la canna non si era abbassata nella stessa maniera ma un po’ meno. Non avevamo più pesetti e quindi non potevamo verificare oltre l’andamento del fenomeno.Conclusioni e considerazioni finali
Bisogna sempre fare delle considerazioni finali.
La prima considerazione è che non abbiamo montato un solo esperimento. Ne abbiamo fatto diversi.
Potrei ulteriormente raffinare le misure e farei altri apparati sperimentali, magari in cui le canne e le pareti non c’entrano più. Non ha importanza: siamo in grado di generalizzare e di capire che le canne erano solo un fenomeno tra i tanti che esibiscono un comportamento elastico. Lo studio può diventare sempre più complesso e raffinato: dipende dal livello della scuola o della ricerca.
La seconda considerazione è contenuta nella frase di una di voi: eh?! Sono passate tre ore? Ma non me ne sono accorta, ero all’inizio stanca perché ho finito di lavorare alle quattro ma non mi sono accorta che fosse passato così tanto tempo.
Immaginate una classe reale: gli studenti vengono acchiappati e non mollano e intervengono e hanno un sacco di idee. Magari sono proprio i più indisciplinati che poi sono più ricchi di idee e di interventi. Ma abbiamo solo fatto cose manuali? Ma figuriamoci! Abbiamo toccato i nodi teorici più importanti in cui si dibatte l’umanità da un po’ di tempo (fondamentalmente da quando esistiamo).
Non abbiamo per niente rinunciato a fare teoria, anzi. Il livello di formalizzazione (e il tipo di formalizzazione) dipende solo dal pubblico che avete di fronte, studenti di diverso livello, insegnanti di diverso livello, ricercatori, gente qualunque ecc. ecc.
Quindi non è solo manualità delle cose. E’ applicare un metodo scientifico al mondo che ci circonda e come ha detto, secondo me giustamente, qualcuno in assemblea plenaria, non è solo cosa di una particolare branca del sapere.
Abbiamo il problema della dispersione scolastica.
Sono i più attivi, i più … ribelli che si perdono per strada e diventano poi passivi e indifferenti e …vissuti. Sto generalizzando, ci sono ovviamente delle eccezioni (ma poche..).
Difficoltà? Ma certo, ce ne sono. Mettetevi nei panni di un insegnante (ci siete già…) che viene continuamente spiazzato da domande e osservazioni e ipotesi che non aveva pensato prima potessero essere fatte. E’ normale, se si usa questo metodo arrivano sempre domande spiazzanti.
Che cosa è una domanda spiazzante? Una domanda a cui non si sa rispondere subito. Ma siamo sicuri che l’autorità nostra si basa sul fatto che noi sappiamo sempre tutto?
L’autorità nostra è riconosciuta nel fatto che il collettivo classe ci riconosce come capo-branco (sto usando terminologie canine…). Cioè siamo colui che è in grado di guidare verso il successo, non colui che sa già tutte le risposte. Quelli che sanno tutte le risposte si chiamano saputelli e in genere non sono per niente riconosciuti come capo-branco. Magari dicono cose giuste ma nessuno li sta ad ascoltare. Perché?
Altra difficoltà: bisogna sapere in anticipo come vanno a finire le cose? Non credo. Io so grosso modo cosa è l’elasticità ma non avevo mai fatto un esperimento come quello che abbiamo fatto insieme. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo. Quello che è successo è che le canne si sono comportate addirittura meglio delle molle del mio laboratorio di fisica, ma questa è cosa inaspettata.
Leggete e commentate. I vostri commenti e suggerimenti e correzioni sono tutti bene accetti, ovviamente e magari li posso includere in una versione successiva di questo documento. Sarebbe interessante poterlo fare. Una cosa che blocca molto all’inizio è che sembra di fare osservazione stupide. Non ci sono osservazioni stupide o intelligenti, ci sono osservazioni. Più ne facciamo meglio è per tutti…
E adesso il grafico. Fare un grafico rende felici i fisici e i matematici, ma può essere una cosa complicata, e la lettura del grafico dovrebbe aiutare a “visualizzare” l’andamento dei fenomeni ma anch’essa non è semplice.
In genere in un grafico si riportano due variabili, una sull’asse x e l’altra sull’asse y. Perché due e non tre? Perché non è molto semplice per noi (al momento attuale della tecnologia, fare un grafico in tre dimensioni, ovvero nello spazio. Usiamo cose bi-dimensionali, come lavagne, fogli di carta ecc. Non è impossibile fare un grafico in tre dimensioni solo è molto complicato, e in genere lo si semplifica facendo un disegno prospettico (in due dimensioni) di un grafico a tre dimensioni (che andrebbe fatto a rigore nello spazio).
Saltiamo qui il problema delle unità di misura sugli assi. Riportiamo sull’asse x i pesi (1,2,3 ecc è abbastanza facile…) e sull’asse y di quanto si è abbassata la canna sulla parete.
Quello che viene fuori: una serie di punti allineati, facilmente congiungibili da una retta.
Ma altri hanno proposto una cosa diversa: a rigore noi misuriamo sulla parete a partire dal pavimento. Se riportiamo sull’asse y l’altezza misurata, ovviamente al crescere del peso diminuisce l’altezza misurata e otteniamo:
Sono due grafici apparentemente diversi ma che descrivono lo stesso fenomeno. Se ne abbiamo la possibilità (nelle medie, per es., credo) si fa vedere che il rapporto fra peso applicato e abbassamento è proporzionale, ovvero il rapporto fra le due misure è costante:
peso/abbassamento=costante=K
Qualche parola sulla costante K. Se io cambio la canna la costante K è la stessa? No cambia, la costante K si riferisce a una canna particolare. E’ chiaro che bisognerebbe rifar la serie di esperimenti e determinare la nuova costante K. Se io prendo un tondino di ferro, di quello usato nella costruzione delle case per il cemento armato, posso rifare la serie di misure e troverei anche in questo caso una costante K diversa dalle altre.
La costante K identifica il corpo in esame e si chiama costante elastica.
Ma l’elasticità è confinata alle sole canne? Discutendo un po’ abbiamo visto che siamo circondati da oggetti che si comportano elasticamente: la cattedra su cui io sono seduto reagisce con una forza elastica al mio peso e io rimango fermo. Il grattacielo si muove nel vento e non si rompe. Ecc. Ecc..
Abbiamo studiato con le canne una vasta area di fenomeni il cui studio è unificato dalla legge dell’elasticità. Posso prevedere la costruzione di cose che non esistono in natura e prevederne il comportamento.
Sto facendo fisica, insomma.


Conclusioni e considerazioni finali
Bisogna sempre fare delle considerazioni finali.
La prima considerazione è che non abbiamo montato un solo esperimento. Ne abbiamo fatto diversi.
Potrei ulteriormente raffinare le misure e farei altri apparati sperimentali, magari in cui le canne e le pareti non c’entrano più. Non ha importanza: siamo in grado di generalizzare e di capire che le canne erano solo un fenomeno tra i tanti che esibiscono un comportamento elastico. Lo studio può diventare sempre più complesso e raffinato: dipende dal livello della scuola o della ricerca.
La seconda considerazione è contenuta nella frase di una di voi: eh?! Sono passate tre ore? Ma non me ne sono accorta, ero all’inizio stanca perché ho finito di lavorare alle quattro ma non mi sono accorta che fosse passato così tanto tempo.
Immaginate una classe reale: gli studenti vengono acchiappati e non mollano e intervengono e hanno un sacco di idee. Magari sono proprio i più indisciplinati che poi sono più ricchi di idee e di interventi. Ma abbiamo solo fatto cose manuali? Ma figuriamoci! Abbiamo toccato i nodi teorici più importanti in cui si dibatte l’umanità da un po’ di tempo (fondamentalmente da quando esistiamo).
Non abbiamo per niente rinunciato a fare teoria, anzi. Il livello di formalizzazione (e il tipo di formalizzazione) dipende solo dal pubblico che avete di fronte, studenti di diverso livello, insegnanti di diverso livello, ricercatori, gente qualunque ecc. ecc.
Quindi non è solo manualità delle cose. E’ applicare un metodo scientifico al mondo che ci circonda e come ha detto, secondo me giustamente, qualcuno in assemblea plenaria, non è solo cosa di una particolare branca del sapere.
Abbiamo il problema della dispersione scolastica.
Sono i più attivi, i più … ribelli che si perdono per strada e diventano poi passivi e indifferenti e …vissuti. Sto generalizzando, ci sono ovviamente delle eccezioni (ma poche..).
Difficoltà? Ma certo, ce ne sono. Mettetevi nei panni di un insegnante (ci siete già…) che viene continuamente spiazzato da domande e osservazioni e ipotesi che non aveva pensato prima potessero essere fatte. E’ normale, se si usa questo metodo arrivano sempre domande spiazzanti.
Che cosa è una domanda spiazzante? Una domanda a cui non si sa rispondere subito. Ma siamo sicuri che l’autorità nostra si basa sul fatto che noi sappiamo sempre tutto?
L’autorità nostra è riconosciuta nel fatto che il collettivo classe ci riconosce come capo-branco (sto usando terminologie canine…). Cioè siamo colui che è in grado di guidare verso il successo, non colui che sa già tutte le risposte. Quelli che sanno tutte le risposte si chiamano saputelli e in genere non sono per niente riconosciuti come capo-branco. Magari dicono cose giuste ma nessuno li sta ad ascoltare. Perché?
Altra difficoltà: bisogna sapere in anticipo come vanno a finire le cose? Non credo. Io so grosso modo cosa è l’elasticità ma non avevo mai fatto un esperimento come quello che abbiamo fatto insieme. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo. Quello che è successo è che le canne si sono comportate addirittura meglio delle molle del mio laboratorio di fisica, ma questa è cosa inaspettata.
Leggete e commentate. I vostri commenti e suggerimenti e correzioni sono tutti bene accetti, ovviamente e magari li posso includere in una versione successiva di questo documento. Sarebbe interessante poterlo fare. Una cosa che blocca molto all’inizio è che sembra di fare osservazione stupide. Non ci sono osservazioni stupide o intelligenti, ci sono osservazioni. Più ne facciamo meglio è per tutti…

 

 

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