Nino Martino
la luce è una esperienza quotidiana a cui tutti siamo abituati, ma non è di facile indagine, né sulla sua natura, né nei suoi effetti a volte spettacolari… Questo “pezzo” è stato scritto dopo circa tre ore di lavoro collettivo con un gruppo di insegnanti del 1 circolo di Sassari.
Si incomincia con il rendere visibile un raggio di luce utilizzando una penna laser e … alcuni accorgimenti.Poi si vede che cosa succede quando il raggio di luce passa attraverso due mezzi trasparenti, come olio e acqua e si accenna al problema di misurare il fenomeno
Prima di tutto abbiamo avuto il problema di evidenziare il percorso di un raggio di luce. se io accendo la pila oppure una pennina laser vedo il punto luminoso di dove finisce il raggio nel caso del laser oppure il cerchio luminoso della torcia, ma non vedo il percorso del raggio di luce.
Potrebbe anche darsi che il raggio di luce faccia una traiettoria a torciglione e noi non potremmo mai saperlo. L’esperimento che voglio effettuare riguarda proprio il comportamento del raggio di luce quando passa da un mezzo come l’aria, a un mezzo come l’acqua, con una netta superficie di separazione.
Che ci sia un comportamento “balordo” lo vedo subito. Riempio una vaschetta d’acqua e ci faccio incidere sopra il raggio laser, rosso. Appare un puntino rosso brillante in basso, sul fondo del recipiente, e questo ce lo aspettavamo, ma non sembra che sia proprio allineato (non sembra? Dobbiamo tradurre in numeri questa sensazione…) e poi un puntino sulla parete, vicino al soffitto. Quando io inclino (ma di quanto?) il laser variano sia il punto in fondo al recipiente sia il punto sul soffitto.
Potrei sbatterci sopra un bel sistema di coordinate cartesiane e esprimere la posizione dei tre punti (posizione del punto di emissione, posizione del punto sul fondo, posizione del punto sul soffitto), sicuramente le terne di numeri che esprimono la posizione dei tre punti sono collegate tra di loro: variando la terna della posizione del punto emettitore variano anche le altre due. Ah, dimenticavo, bisogna anche esprimere matematicamente il piano di separazione in coordinate cartesiane. Non è che sembra molto complicato è veramente molto complicato fare così, ma per tutti, non solo per i vostri bambini!
Occorre un approccio diverso. I fisici in genere non vogliono complicarsi troppo la vita, sono delle persone “normali”, come voi. (ehm, più o meno “normali”...)
Se riusciamo a “vedere” il raggio di luce, probabilmente ci possiamo ragionare sopra. Ma l’acqua non fa vedere il raggio di luce. E neanche l’aria.
Allora abbiamo preso la coordinatrice e l’abbiamo costretta a fumare una sigaretta (lo sappiamo tutti che lei non avrebbe voluto ma la forza della nostra maggioranza…). Il fumo della sigaretta ha fatto vedere la traiettoria del raggio di luce. Adesso però dobbiamo capire perché.
Ha detto uno di voi che è la stessa cosa di quando il raggio di luce arriva sul soffitto e noi vediamo il punto luminoso. I gas interagiscono visivamente con la luce? No. Non possiamo accertarci della presenza dall’aria, o della CO2 o di altri gas con la luce. Il fumo della sigaretta è composto sicuramente anche da gas di combustione ma non sono quelli che fanno vedere il raggio di luce. Devono essere delle particelle solide molto piccole che con la loro presenza riflettono in tutte le direzioni il raggio di luce che le attraversa.
Ci siamo chiesti come facciamo a mostrare che nel fumo ci siano particelle solide. Avete pensato a mettere un foglio di carta sopra il fumo. Se il foglio di carta si anneriva e poi passandoci sopra un dito questo si sporcava allora voleva dire che nel fumo c’erano delle particelle solide (fuliggine…). Abbiamo fatto l’esperimento con nessun successo. Franco si è messo a fumare la sigaretta anche al contrario ma non c’è stato verso. La stanza è diventata un fumoir e ci siamo ricordati di quando eravamo piccoli e andavamo al cinema dove si poteva, allora, fumare, e ne uscivamo con gli occhi rossi. Amarcord. Ma non c’entra niente con la scienza della luce.
Poi alla fine ci siamo ricordati che i nostri camini, mai puliti, si prendono delle belle incrostazioni di fuliggine e ci siamo sentiti subito molto sollevati. D’altra parte lo stesso fenomeno si può osservare buttando della povere in aria. la polvere è fatta da particelle solide, sicuramente. Il raggio luminoso diventa visibile. Quindi nel fumo della sigaretta ci sono particelle solide.
E’ un ragionamento analogico e in realtà bisognerebbe fare molta attenzione a questo tipo di ragionamenti perché a volte si pigliano delle solenni cantonate.
Il fumo rende visibile il raggio di luce. Ma anche il vapore sopra un liquido caldo funziona nello stesso modo. Fate attenzione, in questo caso il vapore d’acqua , che si vede, non è un gas, ma è fatto da minuscole particelle di acqua condensata, come la nebbia e le nuvole.
Rimane adesso il problema di come fare a vedere il raggio luminoso in un liquido. Dentro alla vaschetta d’acqua ho buttato della cenere di camino. e ho provato il raggio luminoso, Si vedeva qualche cosa ma l’acqua era talmente torbida da non far vedere bene il raggio. e mi sono trovato a mal partito. Non ricordo più chi mi aveva portato un te’ caldo per vedere il vapore. Allora presi dalla furia casuale che a volte assale abbiamo puntato il raggio sul te’. Il raggio si vedeva nitidissimo!
Abbiamo versato il te’ nella vaschetta d’acqua e il raggio era ancora nitidissimo.
(sia detto per inciso, quando ormai una parte di voi si era allontanata ho provato a mandare il raggio laser sull’acqua con cenere, che nel frattempo si era depositata e aveva lasciato l’acqua limpida e il raggio era visibile! Quindi erano rimaste in sospensione delle particelle minutissime…)
Da qui parte una ricerca, non prevista, sul modo di far vedere il raggio in un liquido. Abbiamo convenuto di fare l’esperimento il giorno dopo portando thermos di te’, caffè, vino a profusione (eh, a scopi scientifici, assolutamente scientifici), alcol denaturato e altre cose del genere.
E’ il colore che determina la riflessione della luce o sono delle particelle solide in sospensione? Vedremo sperimentalmente.
Rimane ancora il problema di come far vedere bene il raggio nell’aria, ma lo risolveremo, ne ho fiducia.
Adesso il fenomeno è il seguente, come in figura:
Nota: è sorto subito un problema. Dovevamo intenderci di quale raggio parlavamo. perché tra le variabili, che adesso scriveremo, c’era l’angolo che forma il raggio (ma quale raggio?) con che cosa? Un angolo è formato da due direzioni. Bisogna scegliere. Inoltre una di voi aveva usato un lungo discorso per indicare un certo raggio piuttosto che un altro.
Allora a questo punto abbiamo introdotto delle definizioni “scientifiche” per individuare il raggio di cui parliamo. E’ di qui che è nata la definizione “raggio incidente”, “raggio rifratto” e “raggio riflesso”.
Ovviamente la scelta di vocaboli è puramente arbitraria, inizialmente, potevo chiamare Ciccio, Caio e Federico e andava bene lo stesso. Ma una volta effettuata la scelta quella deve valere per tutta la comunità scientifica. Stiamo costruendo un linguaggio che sembra “italiano” ma che è in realtà scientifico.
E’ il problema dei “falsi amici” nelle lingue: vocaboli che sembrano grosso modo uguali e che invece hanno significati completamente diversi. In spagnolo “caldo” sembra l’italiano “caldo” e invece significa … “brodo”. La stessa cosa vale per il linguaggio scientifico, che ha necessità di identificare univocamente certe situazioni e certe grandezze fisiche. molti studenti vengono tagliati fuori da un problema di linguaggio, non di comprensione effettiva delle cose. Non capiscono semplicemente quello che dite, perché non ci rendiamo conto di utilizzare un linguaggio simil-italiano ma con accezioni scientifiche che non abbiamo bene definite.
A questo punto scriviamo le variabili possibili del fenomeno:
– Le inclinazioni rispetto alla superficie di separazione del raggio incidente, del raggio riflesso e del raggio rifratto
– I mezzi attraversati
Non mi sembra che ne abbiamo scritte altre, ma eventualmente ne aggiungeremo alla prossima puntata.
Ricordatevi: dobbiamo fare delle misure. Allora misurare gli angoli è facile dirlo ma bisogna averci un modo per misurarli. Goniometro?
La pennina laser non può essere tenuta da una mano vagamente parkinsoniana, bisogna fissarla. Se si vogliono utilizzare mezzi diversi si può usare facilmente olio e acqua, che non sono miscibili tra di loro. Viene in mente di fare un doppio strato: aria, olio e acqua. Cosa si vedrà?
A questo punto mi avete preso la mano e avete incominciato a parlare di polistirolo, di scavare nicchie diverse in diverse posizioni nel polistirolo per metterci la pennina laser ecc. ecc.
Abbiamo anche a disposizione vari trabiccoli per sistemare le cose. Abbiamo deciso di portare vaschette più grandi. Una probabilmente porta un acquario…ecc .ecc
Vi faccio notare a questo punto un procedimento tipico di molta ricerca. Si parte con un apparato sperimentale, lo si modifica nel corso dell’esperimento e alla fine magari abbiamo tra le mani qualche cosa di molto diverso da quello che ci eravamo inizialmente immaginati e che ci permetterà di fare misure effettive del fenomeno che stiamo osservando
Ulteriore nota: è tipico del metodo adottato avere improvvisamente diverse ricerche su diversi aspetti che non ci eravamo immaginati. va tutto bene. Con i vostri studenti succederanno le stesse cose? Forse sì e forse no. sarà molto interessante vedere quello che ne viene fuori.
Una aggiunta di oggi 2013 rispetto al corso tenuto probabilmente nel 2010.
Vi sono fenomeni di una sconvolgente complessità, come la luce. Di questa complessità non ci rendiamo assolutamente conto perché nella nostra quotidianità viviamo in mezzo ai fenomeni che coinvolgono la luce. Per noi è ovvio, succede così e così. Perché indagare? Non ci si chiede i perché, si da’ tutto per scontato. E’ così e basta. Questo vale per noi e vale per i bambini o gli studenti, vale per tutti. Ma allora perché studiare un fenomeno apparentemente banale? Lo studio e la ricerca ha portato a molti sconvolgimenti nel modo di pensare, la luce non è per niente banale o scontata. La ricerca ha portato a scoperte spettacolari, con il senno di poi. Lo studio della radiazione elettromagnetica (di cui la luce ne fa parte – e questa unificazione è del fine’800, tempi recentissimi!) ha portato ai cellulari che avete in tasca (anche due o tre, con numeri diversi). Senza ricerca e senza domandarsi i perché non avreste i cellulari e un sacco di altee cose. E’ la vita, è il senso della ricerca scientifica e non solo. Rassegniamoci. Ed è anche di questo che dobbiamo rendere partecipi i bambini, gli studenti, i giovani.
Diffidate del buon senso comune e di ciò che appare ovvio, quotidiano, scontato, è un consiglio da … amico.
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Questo corso si è tenuto diversi anni fa, a Sassari, con insegnanti delle primarie del primo circolo. Inizialmente pubblicato ne “la pagina dell’educazione scientifica” del MCE. Oggi ripubblicato ne “La Natura delle cose”, perché riteniamo importante dal punto di vista didattico ripubblicare una serie di lavori. E perché la didattica non è scollegata dalla cultura. Il problema della didattica è strettamente connesso alla cultura, non è solo un insieme di strumentazioni o di tecniche. Quando entriamo in classe non entra un robottino che sa la disciplina e che con tecniche programmate in precedenza ve inserite nella sua memoria RAM riversa lo scibile in vasi vuoti che sono gli studenti. Sembra di dire cose scontate, ma nel mondo di oggi pare proprio non banale riaffermarle. Entra in classe una persona che è dentro questa società, che si spera sia colto (non nel senso che abbia letto tanto, leggere molto è condizione necessaria ma non sufficiente), e che si trova di fronte bambini o studenti di ogni età ma che sono anche loro immersi in questa società con tutti i problemi della loro età e della loro vita e estrazione sociale..
La didattica di una disciplina non è cosa neutra, come non è neutra la metodologia che viene usata qui, in realtà essa è permeata di cultura e di un sacco di altre cose.
Da questo punto di vista, all’interno di questa metodologia è chiara la mia posizione rispetto a questo scritto: potete usarlo, copiarlo tutto o in parte, farne quello che volete. Non rivendico alcun copyright. La crescita della conoscenza è, oggi, sempre più un fenomeno collettivo (laddove c’è crescita) Sapete bene: la rete, internet e tutte le cose collegate (internet è nata militare ma si è sviluppate nelle università, collegata alla ricerca scientifica, come modo rapido e collettivo di scambaire lavori e informazioni).
Certo che se quando riportate tutto o un brano di questo testo nei vostri lavori, mi citate e citate LndC e l’indirizzo web https://www.lanaturadellecose.it, be’ questo non mi dispiacerebbe affatto. La diffusione libera e la crescita libera della conoscenza non comporta che non vi sia paternità di idee o di scritti…
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Sulla costruzione di un curricolo verticale
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In memoria del professore Franco Mura, dal cuore rosso, promotore e organizzatore di questo corso. Oh, amico mio, quante cose avremmo potuto fare ancora, insieme.